In occasione del centenario della nascita della Provincia ITS, p. Enzo Brena e p. Ciro Moschetta, hanno scritto una lettera. Ne pubblichiamo un estratto.
In questi giorni di dicembre per tutti i dehoniani italiani la cronaca si fa storia centenaria. Una storia che si veste di povertà, stando alle quattro consunte e scolorite paginette di quaderno che raccolgono il primo verbale della neonata Provincia Italica, giusto cento anni fa il 2 dicembre.
La Provincia Italica, compirebbe dunque cento anni, ma sono di fatto sessanta quelli che compiono le attuali Province ITM (provincia italiana meridionale) e ITS (provincia italiana settentrionale), sorte dalla divisione del 1960. Prendiamo atto che i nostri numeri si sono fatti via via più esigui, molte delle case che ieri sono state strumento di crescita per l’abbondanza delle vocazioni non ci sono più, soprattutto sono rarissime le vocazioni, usando un eufemismo.
Le stesse opere grandiose che hanno costituito il nostro vanto e ci hanno permesso di servire la Chiesa, il Popolo di Dio e la Società in Italia e nelle Missioni non ci sono più. Piuttosto che ingenerare pensieri di rammarico sterile o delusione presuntuosa, il ricordo di un passato ricco di bene, e anche di errori umani, può e deve diventare occasione di gratitudine, ripensamenti e pentimento, se necessario.
Guardando al secolo trascorso scorgiamo, però, anche il tanto bene compiuto da coloro che ci hanno preceduto, per i quali potremmo riprendere il passo del Siracide: «Facciamo dunque l’elogio degli uomini illustri, dei nostri antenati per generazione. Il Signore ha profuso in essi la gloria, la sua grandezza è apparsa sin dall’inizio dei secoli (…), uomini rinomati per la loro potenza, consiglieri per la loro intelligenza e annunziatori nelle profezie» (Sir 44, 1ss).
Ricordiamo quei confratelli che si sono consumati in un servizio apostolico umile, nascosto e ricco di frutti davanti a Dio, quelli che sono morti a causa della violenza e delle malattie: nell’elenco, stilato anno dopo anno dalle Segreterie Provinciali fino a oggi, sono in totale 376. Ricordiamo anche quelli che hanno lasciato per servire la chiesa nel clero diocesano e quelli che, in ritardo, si sono resi conto di essere chiamati ad altra vocazione nella società.
Tra i Dehoniani italiani, molti hanno collaborato con la Santa Sede, il Governo centrale, con il Centro Studi, molti hanno dato inizio a missioni ad gentes (Portogallo, Argentina, Mozambico, Madagascar, Albania, Angola), opere sociali, province, Regioni; molti hanno insegnato ai ragazzi e ai giovani, sono stati docenti di teologia e Scrittura; alcuni sono stati e sono vescovi; tanti altri sono stati fratelli cooperatori partecipi della stessa vocazione, colmi di meriti per i tanti lavori che hanno svolto con generosità. Le pubblicazioni delle case editrici di Roma-Napoli e Bologna hanno reso grandi servizi alla Chiesa e al Paese, e lo stesso si può dire per TeleDehon.
La divisione della Provincia italica e il sorgere di ITM e ITS, avvenuti in altri tempi, oggi probabilmente impegnano a rinnovate collaborazioni e, soprattutto, impegnano a riflessioni libere da preconcetti e presunzioni. Come ha recentemente scritto il Padre generale: «non dobbiamo perdere di vista il fatto che “la qualità della nostra vita religiosa e l’efficacia del nostro apostolato dipendono, in gran parte, dal nostro costante sforzo di adattamento e di rinnovamento” (Cst. 104). In questo senso, le nostre strutture organizzative devono essere sempre un aiuto e mai un ostacolo. Infatti, la nostra Regola di Vita ci offre molte possibilità al riguardo, sia nella definizione dello status giuridico dell’Entità stessa, sia nella sua organizzazione interna, considerando, ad esempio, la creazione di comunità territoriali (cfr. Cst/DG 73) o il ripensamento dello status delle case (cfr. DG 116.9) o altre forme di presenza. Noi, come Governo Generale, riaffermiamo a tutte le Entità la nostra disponibilità ad accompagnarle nel discernimento di questi processi. Continuiamo in cammino affinché nulla ci impedisca di vivere con entusiasmo la nostra dedizione al Cuore di Cristo nella vita e nella missione che condividiamo» (cfr. Prot. N. 0327/2020).
Cari confratelli, facciamo memoria anche di quanti hanno reso possibili le nostre opere e il nostro ministero nella Chiesa con i loro contributi: benefattori e benefattrici, laiche e laici che hanno creduto nella nostra missione e hanno lavorato con noi e per noi nella scuola, nell’educazione sociale, nella vita parrocchiale, nell’editoria, ecc. Facciamo memoria dei membri della Famiglia dehoniana, delle Suore di vari ordini religiosi che hanno prestato il loro prezioso servizio nelle nostre case, così come di tanti dipendenti delle nostre case. Anche di loro e per loro dovremmo prendere passi della Scrittura sugli uomini giusti e le donne forti, anche a loro dovremmo probabilmente chiedere scusa per essere stati talora distratti, ripiegati nell’auto-contemplazione di noi stessi e nella attribuzione a noi stessi di un bene che era opera di tutti.
Nel Cuore di Cristo troviamo la sorgente sempre viva della nostra spiritualità per avere un cuore aperto e compassionevole come il suo, accogliente e solidale verso tutti. La nostra vita di consacrazione e il nostro servizio siano un contributo quotidiano alla costruzione del Regno di Dio (Adveniat Regnum tuum) e alla comunione fra noi e con gli altri (Sint Unum).
Questo centenario ci spinga a un cammino di fedeltà e di conversione continua per contribuire insieme alla missione della Congregazione, in comunione e “in uscita” con tutta la Chiesa.
Ci uniamo ai padri che ci hanno preceduto nel tempo, dunque, e con loro rendiamo grazie a Dio per il bene che ha fatto attraverso di noi e, talora, malgrado noi.