10 luglio 2021
10 lug 2021

Giorni di terrore a Caracas nel quartiere del cimitero

Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. (Mt 11, 28)

di  Alejandro Iglesias

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In Venezuela, alla fine di una conversazione con qualcuno, quando ci si saluta, si usa dire: Abbi cura di te! È diventata un’abitudine dire questa parola quando ci salutiamo. Non è un caso e molte famiglie venezuelane si sono trovate a dover piangere un parente ucciso da un proiettile, e non sono infrequenti rapine o sequestri. Questo “prendersi cura” non è mancato in questi tre giorni dal 6 all’8 luglio 2021, sperando che presto la situazione si calmi. Durante questi tre giorni ci sono state continuamente, con piccole tregue, sparatorie tra i gruppi armati del Barrio, per lo più molto giovani, e la Polizia, in quello che si chiama il Settore Cimitero, nel Sud Ovest di Caracas, dove si trova la nostra Parrocchia dehoniana “San Miguel Arcángel”.  Questi quartieri del Cimitero e di Cota 905 sono controllati da questi gruppi armati e i pranes (capi) sono noti.

C’è sempre stata tensione tra la polizia e i gruppi armati nel quartiere, perfino negoziati, ma questa volta il confronto ha raggiunto i suoi limiti. Il terrore e la paura si sono impossessati della popolazione del Cimitero a causa dei violenti spari, producendo allo stesso tempo l’abbaiare dei cani e a volte urla e qualche pianto. I messaggi che ci siamo scambiati con i parrocchiani che conoscevamo e amavamo dicevano “questo è molto brutto”, “è orribile”, “state attenti”.

Dalla nostra terrazza abbiamo visto passare numerosi corpi di polizia; anche alcuni carri armati. Una delle finestre della nostra terrazza è stata colpita da due colpi. Dal giorno 7 siamo senza elettricità in tutta la zona. Ancora oggi ci sono molte persone che rimangono senza elettricità, preoccupate di non avere acqua e che il poco cibo che hanno venga danneggiato. Dopo due giorni in cui abbiamo sentito ogni tipo di rumore a causa di spari ed esplosioni di granate, abbiamo deciso la mattina presto dell’8 di partire e andare nella nostra casa nel Seminario-filosofo più lontano dal Cimitero e rifugiarci.

All’uscita abbiamo visto molte persone scendere dal quartiere, donne con bambini, persone con borse, zaini, che andavano a casa di un conoscente o parente per ripararsi come noi in un altro posto più lontano dalla zona. In quel momento ho pensato a tante persone che avevo visto in televisione fuggire dalle loro case con i loro pochi averi a causa della guerra, ma che ora è diventata una realtà tra la popolazione del Cimitero.

Anche nel nostro Seminario abbiamo alloggiato altre persone del Cimitero. Altre otto persone hanno alloggiato in una casa che abbiamo nella stessa strada del seminario. Si può vedere lo shock e la stanchezza su tutti i loro volti. È bene che il nostro Seminario sia diventato un luogo di riposo e di sollievo per tutti loro. I religiosi e le religiose in formazione stanno forse andando fuori strada, forse sconvolgendo i loro programmi, assistendo le persone e moltiplicando le arepas in questi giorni, ma capiscono che questa è la nostra missione: “Venite a me che siete stanchi e oppressi e io vi darò riposo” (Mt 11,28).

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