23 luglio 2021
23 lug 2021

La nostra Vita Spirituale (VI)Al servizio della Chiesa

Presentazione a puntate della “Guida di lettura” delle Costituzioni, scritta da p. Albert Bourgeois.

di  P. Albert Bourgeois, scj

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1. La legge dell’“Ecclesialità”

325  L’“ecclesialità”, ossia il rapporto con la Chiesa o il carattere ecclesiale è, secondo J. Mouroux (o.c.) uno dei caratteri costitutivi e strutturanti dell’esperienza cristiana. Questa è “esperienza nella fede”, “esperienza nel Cristo”, “esperienza nella Chiesa”.

326  È anche uno dei principi teologici della vita religiosa che la Ecclesiae Sanctae domandava di mettere in luce nella revisione delle Costituzioni: “Principia evangelica et theologica de vita religiosa eiusque unione cum Ecclesia”; “I principi evangelici e teologici della vita religiosa e dell’unione di questa con la Chiesa” (ES, II, art. 12a).

327  Abbiamo già rilevato come è importante e costante, nelle nuove Costituzioni, il riferimento alla Chiesa:

–   nella descrizione dell’esperienza di fede di p. Dehon (nn. 3.4.5), delle sue intenzioni di Fondatore, riguardo alla natura e allo scopo della Congregazione (nn. 1.6.7) e per il suo statuto canonico (n. 8);

–   nella descrizione della nostra personale esperienza di fede, il riferimento è esplicito all’inizio delle tre suddivisioni:

+   la Chiesa come luogo e ambiente della nostra iniziazione alla fede e all’amore di Dio (n. 9), per la nostra vocazione religiosa (n. 13) e per lo sviluppo storico della vita religiosa (n. 15);

+   riguardo al servizio della Chiesa come elemento costitutivo della nostra vocazione personale nella Congregazione e per la nostra vita spirituale (n. 16); riguardo alla Chiesa come garante dell’autenticità della nostra ‘‘prospettiva spirituale’’ (n. 26), del “nostro carisma” (n. 27);

+   riguardo “al servizio della Chiesa” (n. 30), mediante l’apostolato e “l’Adorazione Eucaristica” (n. 31 ), in comunione con la vita della Chiesa universale e locale (nn. 32 e 34).

328  A questi riferimenti espliciti si dovrebbe aggiungere tutto ciò che è detto riguardo al rapporto della nostra vita religiosa con il Regno di Dio e il Corpo di Cristo o il Popolo di Dio (cf. nn. 13.25.27.29.37.38…). Tutto il testo d’altronde e la sua “dinamica” sono comandati dal riferimento alla missione e al servizio. Inoltre l’orizzonte escatologico evocato costantemente nella conclusione di ogni sviluppo è pure un riferimento ecclesiale (nella linea del capitolo 7 della Lumen Gentium).

329  Le antiche Costituzioni (n. 8) e il Direttorio Spirituale davano su questo tema solo alcune indicazioni. Conosciamo, certamente, il senso ecclesiale di p. Dehon stesso, nelle sue iniziative, nei suoi impegni, nelle sue raccomandazioni e nei suoi esempi di fedeltà totale alla Chiesa fino all’eroismo. Le nuove Costituzioni sono quasi completamente strutturate e sostenute dal riferimento ecclesiale, più intimamente e più efficacemente di quello che potevano fare le due righe delle antiche Costituzioni e le dieci righe del Direttorio: è una vera “fedeltà dinamica” all’esperienza di fede e al pensiero di p. Dehon.

330  Si comprende l’importanza, per una buona comprensione e un buon apprezzamento della nostra vita religiosa dehoniana, di una seria teologia della Chiesa, del suo mistero e della sua missione[1].

331  La Regola di Vita del 1973 conteneva su questo tema un breve numero, ma importante, il n. 13. Dispiace che non sia stato ripreso nel testo del 1979, anche se vi ritroviamo il contenuto concentrato, ma non meno efficace senza dubbio, nel nuovo testo. Ecco il testo del 1973: “Battezzati nella morte e risurrezione del Signore, confermati nello Spirito, siamo membri della Chiesa, la comunità dei credenti, chiamati a vivere da fratelli, per servire nel mondo la missione del Signore (cf. Ef 4,1-2; Gv 13,35).

332  Segno e strumento dell’unione a Dio e dell’unità di tutto il genere umano (cf. LG 1), la Chiesa rivela colui nel quale le speranze degli uomini diventano Speranza, e la liberazione Libertà nello Spirito (cf. 2Cor 3,17).

333  In seno al popolo di Dio, in comunione con i suoi pastori, professiamo la nostra vita religiosa” (n. 13).

334  Questo testo metteva abbastanza bene in luce una concezione della Chiesa, che non è solo realtà istituzionale e canonica, ma è comunità di credenti, luogo e ambiente di comunione e di partecipazione, nei diversi ministeri, al servizio del Popolo di Dio nel mondo e per l’umanità.

335  A queste considerazioni generali, che interessano l’ecclesialità della vita religiosa in generale, occorre aggiungere che la “nostra” vita religiosa e spirituale si mantiene desta e si nutre nella e della contemplazione del mistero del “Costato aperto” e del Cuore di Gesù, sorgente della acqua e del sangue, ossia dello Spirito e, secondo la grande tradizione patristica, mistero della nascita e della crescita della Chiesa: “Questo inizio e questa crescita sono significati dal sangue e dall’acqua che uscirono dal costato aperto di Gesù Crocifisso” (LG 3). Questa prospettiva, per la vita spirituale di un vero Sacerdote del Sacro Cuore è come una nuova e particolare esigenza interna ed “ecclesiale”.

2. “Partecipi della missione della Chiesa”

2.1. “Un Istituto religioso apostolico” (n. 1)

336  I due ultimi paragrafi della prima parte (A) del secondo capitolo: “Alla sequela di Cristo”, ossia “Partecipi della missione della Chiesa” (nn. 26-34) e “Attenti agli appelli del mondo” (nn. 35-39), costituiscono un insieme di numeri sulla missione dell’Istituto nella Chiesa: “al servizio della missione salvifica del Popolo di Dio nel mondo d’oggi” (n. 27). Questo insieme (nn. 26-39) sviluppa e precisa, in qualche modo, le caratteristiche e le norme dell’“ecclesialità” della vita religiosa dehoniana, secondo il terzo criterio di “rinnovamento adattato”, di cui parla il Concilio nella Perfectae Caritatis (2c): “Tutti gli Istituti partecipino alla vita della Chiesa e, secondo la loro indole, facciano propri, nella misura delle loro possibilità, le sue iniziative e gli scopi che essa si propone di raggiungere nei vari campi…

337  L’“ecclesialità” dell’Istituto è anzitutto autenticata e assicurata dal “riconoscimento” della Chiesa. Fondato per_”arricchire la Chiesa” (n. 1) e chiamato “a far fruttificare il carisma del Fondatore secondo le esigenze della Chiesa” (n. 1), l’Istituto ha ottenuto dalla Chiesa il suo statuto canonico (cf. n. 8) e ha visto “riconosciuti” e autenticati dalla Chiesa la “prospettiva spirituale” della sua professione religiosa, la “grazia speciale” (n. 26), il “carisma profetico” (n. 27), che caratterizzano la sua partecipazione alla missione della Chiesa.

338  Così “riconosciuta” (n. 26), la nostra vita religiosa si sviluppa e vive nella Chiesa, della Chiesa e per la Chiesa, con un’esistenza completamente definita e caratterizzata dalla sua “missione ecclesiale” (n. 34), il servizio apostolico che caratterizza la sua partecipazione alla missione della Chiesa. Tutto questo fa del nostro Istituto: “un Istituto religioso apostolico” (n. 8).

339  Riguardo al carattere apostolico della Congregazione e della nostra vita religiosa le Costituzioni primitive sono esplicite.

340  Costituzioni del 1878-1883 (Testo A, cf. CF, p. 240, STD 10): “Questo Ordine, unendo la vita contemplativa alla vita attiva, risponde al bisogno del bene delle anime, che, attirate dalla grazia alla vita d’immolazione e di sacrificio, nascosta agli occhi del mondo, ardono ugualmente di fuoco apostolico”.

341  Costituzioni del 1885-1886 (STD 2):

–   “I membri della Società considereranno come uno dei loro sacri doveri quello di glorificare e di consolare il Cuore di Gesù, lavorando a stabilire il suo regno nelle anime” (Cap. I, par. 3, n. 19).

–   “Essi non si contenteranno di pregare, ma lavoreranno con zelo, per guadagnare anime a Dio” (cap. VIII, par. 9, n. 4).

–   Affinché il loro zelo sia veramente riparatore, bisogna che imiti nelle sue caratteristiche lo zelo del Cuore di Gesù, zelo attivo che ricerca e si serve di tutti i mezzi per far conoscere e amare Dio” (cap. VIII, par. 9, n. 6).

342  In queste Costituzioni del 1885-1886 il paragrafo su “Lo zelo” (cap. VIII, par. 9) è molto più sviluppato del breve, corrispondente paragrafo del Direttorio Spirituale del 1919 (p. VI, par. 23).

343  È vero tuttavia che, all’origine, l’Istituto è caratterizzato dalla preoccupazione di assicurare ai religiosi “la… vita interiore e regolare”, come un bisogno particolarmente sentito dallo stesso p. Dehon, apparendo la vita religiosa un po’ come il contrappeso o un parapetto contro la dispersione delle varie attività. Da qui le restrizioni e le reticenze che p. Dehon a volte esprime riguardo alle attività e alle opere, richiamandosi allo spirito e allo scopo dell’Opera, che deve essere, secondo lui, “ampiamente contemplativa” anche nelle stesse opere (cf. CF V, 86 e anche I, 74; II, 2; III, 25).

344  In qualsiasi modo si giudichino le formule, l’esempio stesso di p. Dehon, la storia della fondazione e lo sviluppo dell’Istituto, danno alle espressioni delle Costituzioni primitive e del Direttorio, che abbiamo citato, il valore di una conferma, per giustificare la definizione dell’Istituto come Istituto religioso apostolico” (n. 1).

345  Nelle nuove Costituzioni questo carattere apostolico è sottolineato in tutto il testo:

–   La risposta personale di p. Dehon all’“amore misconosciuto (n. 4) avviene mediate “un’unione intima al Cuore di Cristo” (n. 4), con l’apostolato per “l’instaurazione del suo Regno nelle anime e nella società” (n. 4), con “una vigile attenzione agli uomini, specialmente ai più indifesi” (n. 5), con la “sollecitudine di supplire attivamente alle insufficienze pastorali della Chiesa del suo tempo” (n. 5).

–   La sua intenzione di Fondatore è che i suoi religiosi “siano dei profeti dell’amore e dei servitori della riconciliazione degli uomini e del mondo in Cristo” (n. 7).

–   La nostra vita religiosa dehoniana, “di fronte alle sfide del mondo” (n. 9), è caratterizzata dalla disponibilità e dall’amore per tutti “specialmente per i piccoli e per quelli che soffrono” (n. 18), dalla “solidarietà” con “tutta l’umanità e… tutto il creato” (n. 22), dal “servizio del Vangelo” per risanare, riunire e consacrare l’umanità (n. 25). La nostra riparazione è “cooperazione all’opera di redenzione in seno al mondo” (n. 23), è “partecipazione all’opera della riconciliazione” (n. 25).

346  Così definito e caratterizzato come Istituto apostolico, la nostra Congregazione attinge le direttive, per la sua organizzazione e il suo rinnovamento, dagli orientamenti dati dal n. 8 della Perfectae Caritatis, sugli Istituti dediti alla vita d’apostolato nei quali “l’azione apostolica e caritativa rientra nella natura stessa della vita religiosa”:

–   “Tutta la vita religiosa dei membri (degli Istituti) deve essere compenetrata di spirito apostolico e tutta l’azione apostolica deve essere animata da spirito religioso” in modo tale che “la loro azione apostolica si svolga in intima unione” con Cristo (PC, 8).

–   “Perciò questi Istituti devono adattare convenientemente le loro osservanze e i loro usi alle esigenze dell’apostolato, al quale si dedicano. Siccome poi molteplici sono le forme di vita religiosa consacrata alle opere di apostolato, è necessario che l’aggiornamento tenga conto di questa diversità e che, presso i vari Istituti, la vita dei membri a servizio di Cristo sia sostentata con mezzi propri e rispondenti allo scopo” (PC, 8).

347  Questi principi generali trovano la loro applicazione nelle nuove Costituzioni: nella presentazione e organizzazione della vita religiosa, voti e vita comunitaria (nn. 40-85), nella formazione (nn. 86-105) e nel governo (nn. 106-143). Ma essi illuminano e orientano anzitutto la riflessione sullo spirito, sulla consacrazione specifica e sulla missione.

2.2. I nn. 26-39

348  Della “cooperazione” e della “partecipazione”, che caratterizzano la nostra “riparazione” (cf. nn. 23-25), i nn. 26-39 indicano le grandi norme, gli orientamenti generali, le modalità particolari e descrivono, in qualche modo, lo stile apostolico dehoniano, come scaturisce dall’esperienza di p. Dehon e dalla nostra vita.

349  Si distinguono chiaramente tre parti:

–   i nn. 26-29 trattano della legge generale del nostro “carisma profetico” in virtù della nostra “vita d’unione all’oblazione di Cristo” (n. 26); della vita apostolica caratterizzata da una completa disponibilità ai segni della presenza di Cristo nella vita degli uomini (cf. nn. 27-28), da una solidarietà effettiva con gli uomini (cf. n. 28), da una sensibilità particolare a ciò che “è di ostacolo all’amore del Signore” (n. 29), ossia “al peccato” come “rifiuto dell’amore di Cristo” (n. 4).

–   i nn. 30-34 si soffermano sugli “orientamenti apostolici” (nn. 30-31), sugli impegni concreti (cf. nn. 32-33), sulle modalità del nostro inserimento ecclesiale (cf. n. 34).

–   i nn. 35-39 considerano le condizioni di autenticità e di efficacia della nostra testimonianza apostolica, ossia dell’attenzione agli “appelli del mondo”: avvenimenti, attese, realizzazioni umane (cf. nn. 35-37); della solidarietà con gli uomini nella “costruzione della città terrestre” e nell’“edificazione del Corpo di Cristo” (n. 38).

350  Eccetto i nn. 36-37, ripresi dalla Regola di Vita del 1973, questo insieme di numeri (26-35 e 38-39) è un nuovo apporto del Capitolo generale del 1979. È circa la metà del testo consacrato alla nostra esperienza di vita apostolica, alla nostra missione e alla nostra vita spirituale SCJ. Paragonata ai nn. 7-8 del capitolo primo delle antiche Costituzioni (1956), la parte riservata alla “missione” propriamente detta e all’apostolato è molto più ampia. Quanto al Direttorio Spirituale, come abbiamo già accennato, contiene solo un breve paragrafo su “Lo zelo” (p. VI, par. 23).

351  Questa più ampia trattazione è un effetto della fedeltà dinamica nella reinterpretazione e nella presentazione dello spirito dell’Istituto in seguito al Concilio e ai grandi testi conciliari.

352  Un commento dettagliato metterà facilmente in luce le insistenze, le sfumature, le prudenze del testo, specialmente dei nn. 35-38 su gli “appelli del mondo” e gli impegni religiosi che vi corrispondono. I testi della Lumen Gentium e soprattutto della Gaudium et Spes, oltre al documento Religiosi e promozione umana del 25-28.4.1978 costituiscono lo sfondo dottrinale e pastorale, dal quale il nostro commento potrà essere rischiarato[2].

353  Solo alcuni rilievi sul piano del testo.

354  I nn. 30-34 sugli “orientamenti” e sugli impegni sembrano un po’ interrompere la connessione e il seguito dei nn. 26-29 e 35-39. Sarebbe interessante porre di seguito i nn. 26-29 e 35-39 per un commento organico. L’attenzione ai “segni della presenza di Cristo nella vita degli uomini” (n. 28) e la solidarietà effettiva con gli uomini, oltre al giudizio espresso sullo “sforzo umano” (n. 29) trovano il loro sviluppo nei nn. 35-38 sull’attenzione agli “appelli del mondo” (nn. 35-37) e riguardo alla solidarietà con la vita degli uomini per la “costruzione della città terrestre” (n. 38).

355  La Regola di Vita del 1973 proponeva i nn. 35-36 (allora 9-10) sull’attenzione alle “attese del mondo”, come un’introduzione (pedagogica) alla presentazione del mistero di Cristo (nn. 11-12), della nostra vita religiosa (nn. 14-16), della nostra vita SCJ (nn. 47-54). Lo spostamento effettuato nel 1979, come già abbiamo notato, rileva senza dubbio più chiaramente il rapporto unico fra la nostra vita religiosa SCJ e il mistero stesso di Cristo. È inoltre il significato stesso dell’attenzione agli “appelli del mondo” che risulta illuminato, per il senso che siamo portati a riconoscere nelle parole: “liberazione, verità, giustizia, libertà, costruzione della città terrestre, avvento di un mondo nuovo…”, e nei valori che esprimono, evitando ogni ambiguità o deviazione socio-politica. Così la Lumen Gentium precede e illumina la Gaudium et Spes. Si può discutere e lo si è fatto. È l’ordine più tradizionale e senza dubbio più auspicabile in un testo di Costituzioni. Esso ha anche il suo valore pedagogico. Nel 1979, nessuno si è più stupito né adombrato riguardo a questi numeri (36-37), così discussi nel 1973.

3. Una “consacrazione… per se stessa apostolica” (n. 27)

356  La nostra “consacrazione”, di una “vita religiosa e apostolica” unita esplicitamente “all’oblazione riparatrice di Cristo al Padre per gli uomini”, secondo il n. 6, “ha già per se stessa una reale fecondità apostolica” (n. 27).

357  Questa affermazione del n. 27 ha la sua importanza e deve essere compresa in tutta la sua profondità. “Per se stessa” e dunque non solamente per gli “esercizi” che implica o per le “opere” che ispira e sostiene. Abbiamo un’“efficacia apostolica” anzitutto in ragione di “ciò che siamo” e non solamente per “ciò che facciamo e soffriamo” (n. 25). Qualunque sia l’importanza delle “opere” e dei loro risultati, la testimonianza del nostro “esistere religioso”, se è autentico, è profetico e possiede “una reale fecondità apostolica” (n. 27).

3.1. “Mediante la nostra vita religiosa”

358  “Ciò che siamo”, è evidentemente anzitutto il nostro essere di creatura e la testimonianza che diamo della nostra fede, della nostra adorazione: testimonianza dell’immagine che, mediante la grazia, tende alla rassomiglianza.

359  Testimonianza del nostro essere filiale in Cristo Gesù, del suo Spirito che grida in noi “Abba! Padre!” (Gal 4,6). Andiamo verso il Padre, mettendo “i nostri passi nei passi di Cristo” (n. 13), poiché “il suo cammino è il nostro cammino” (n. 12).

360  In questo, prima di tutto la nostra vita religiosa è e deve essere una testimonianza, perché “la nostra vocazione religiosa è un dono particolare” (n. 13). Di questa efficacia intrinseca di testimonianza della “consacrazione” religiosa, mediante i voti, come un vero servizio fatto alla Chiesa, il Concilio ha parlato eloquentemente (cf. LG, 44-46; PC, 1.25 e anche la Evangelica Testificalo di Paolo VI). Le nostre Costituzioni vi fanno allusione (cf. nn. 13.40ss) riguardo ai diversi aspetti o elementi della vita religiosa (voti e vita comunitaria…).

361  Più specificamente, al n. 6, l’unione esplicita della nostra vita religiosa e apostolica all’oblazione riparatrice di Cristo, secondo l’intenzione originale del Fondatore, è definita come “il servizio” che l’Istituto “è chiamato a rendere alla Chiesa”, secondo la caratteristica che gli è propria. Al n. 39, la nostra vita religiosa, con l’impegno senza riserva che implica per se stessa e, a titolo particolare, per la nostra oblazione riparatrice, costituisce la “testimonianza profetica”, che siamo chiamati a dare “per l’avvento della nuova umanità in Cristo Gesù” (n. 39).

362  La riflessione sui diversi temi generali della vita religiosa (consigli evangelici e vita comunitaria: nn. 40-79) dovrà necessariamente integrare questa dimensione della “oblazione riparatrice”. Sotto questo aspetto, la modifica del piano, intervenuta fra la Regola di Vita del 1973 e le Costituzioni del 1979, riveste tutta la sua importanza (cf. I, 3.1.). Nella Regola di Vita del 1973, in effetti, la trattazione della vita religiosa (vita comunitaria e consigli evangelici: nn. 14-46) precedeva la presentazione dello “spirito” della Congregazione (nn. 47-55) e le allusioni a questo “spirito” riguardo alla pratica dei consigli apparivano come delle semplici aggiunte, la cui vera risonanza non poteva essere pienamente afferrata.

363  Senza sviluppare qui ognuno di questi temi, rileviamo solo le indicazioni delle nostre Costituzioni su questo vincolo: vita religiosa e oblazione, presentato come caratteristica propria dell’Istituto e della nostra vita religiosa SCJ:

–   Il n. 40 pone la nostra professione dei consigli evangelici sotto il segno dell’unione di tutta la nostra vita all’oblazione di Cristo.

–   Al n. 41, la nostra castità, vissuta nel celibato consacrato, è unione al Cristo, che si è offerto totalmente al Padre e agli uomini con un amore senza riserve.

–   Al n. 52, la nostra povertà vuol significare l’offerta di tutta la nostra vita al servizio del Vangelo.

–   Al n. 58, la nostra obbedienza è un atto d’oblazione nel quale, con Cristo, viviamo, per la redenzione del mondo, l’“Ecce venio”, che definisce l’attitudine fondamentale della nostra vita.

–   La nostra vita comunitaria, sotto il segno del “Sint unum”, deve fare delle nostre comunità degli autentici focolari di vita evangelica, in particolare mediante “l’accoglienza, la condivisione e l’ospitalità” (n. 63).

364  Sono solo delle brevi indicazioni, ma possono almeno orientare la nostra riflessione. In nome e in virtù della nostra oblazione, la nostra consacrazione religiosa, mediante i voti e nella vita comunitaria che ad essa s’ispira, tende a realizzare quella “testimonianza profetica” (n. 39), che siamo chiamati a rendere, col nostro “carisma profetico”, che “ci mette al servizio della missione salvifica del Popolo di Dio nel mondo d’oggi” (n. 27).

365  Così p. Dehon intendeva la nostra consacrazione religiosa, caratterizzata dall’oblazione, ad esempio nel Direttorio Spirituale: “I voti di povertà, di castità e d’obbedienza, che costituiscono formalmente lo stato religioso, sono comuni a tutti gl’istituti; ma si diversificano per la loro applicazione pratica, in rapporto con il fine speciale, che si propone ogni Istituto religioso” (p. III, cap. I).

366  “I Sacerdoti del Sacro Cuore comprenderanno di dover mettere la loro perfezione personale nella perfetta osservanza delle prescrizioni che determinano per loro il senso, la portata e la pratica dei loro voti conformemente al fine della loro vocazione. I loro voti devono essere emessi e osservati nello spirito d’amore e d’immolazione che è loro proprio” (p. III, cap. I).

367  E ugualmente, con maggior precisione per la povertà (p. III, cap. II, par. 3), per la castità (p. III, cap. III, par. 1) e per l’obbedienza (p. III, cap. IV, par. 1). I Cahiers Falleur sono pure, su questi vari temi, una miniera di rilievi spontanei, molto precisi e diretti (cf. STD 10, Indice analitico alle voci: “Profession – voeux – pauvreté – chasteté – obéissance”).

368  P. Dehon sottolinea soprattutto la portata e la prospettiva ascetica: “la santificazione dei membri mediante l’osservanza dei tre voti semplici” (Cst 1956, n. 2, par. 1). Questa santificazione è evidentemente “per la gloria di Dio” e per l’avvento del Regno di Cristo. Nella loro linea di “fedeltà dinamica” e molto conciliare, le nuove Costituzioni rendono esplicito ciò che era solo supposto. Tutta la nostra vita religiosa, nelle sue strutture e nella sua pratica, si inserisce chiaramente nella dinamica della nostra oblazione riparatrice, centro e principio della nostra vita spirituale e apostolica, per “una testimonianza profetica” (n. 39), “per la Gloria e la Gioia di Dio” (n. 25), “per l’avvento della nuova umanità in Cristo Gesù” (n. 39).

3.2. … Uniti “all’oblazione di Cristo” (n. 26)

369  Per la sua unione all’oblazione riparatrice di Cristo, la nostra consacrazione religiosa dehoniana è e deve essere di “una reale fecondità apostolica” (n. 27), non solo per le “disposizioni” che genera e le “opere” che suscita e ispira; ma per la sua stessa natura, come unione all’oblazione filiale e redentrice di Cristo, nel suo movimento verso il Padre e nel “suo servizio per le moltitudini” (n. 10).

370  La riflessione teologica del teologo Urs von Balthasar su “Il tempo di Cristo” ci può aiutare a comprendere più profondamente.

371  Tutta l’esistenza temporale di Gesù, la sua esperienza della durata e del tempo, era misurata dal suo riferimento al Padre nell’obbedienza e nell’oblazione. La sua oblazione era e resta sempre l’espressione del suo movimento verso il Padre, come un “dato immediato” della sua coscienza di Verbo incarnato. Per Gesù la sua vita sulla terra e nella gloria, la sua vita d’oblazione è avere del tempo, tutto il suo tempo per il Padre e questa oblazione ha per se stessa una reale efficacia redentrice. “Il Figlio – dice profondamente Balthasar – è il luogo originale nel quale Dio ha del tempo per il mondo. In lui c’è del tempo per tutti gli uomini… Questa apertura di Dio, per mezzo del tempo, non è altro che la grazia: l’accesso dato a Dio per mezzo di Dio stesso” (Théologie de l’histoire: I. Le temps du Christ, Plorr, p. 40).

372  Questa efficacia essenziale dell’oblazione-consacrazione di Cristo è il fondamento e la ragione primaria dell’efficacia della nostra oblazione-consacrazione. Nell’unione all’oblazione di Cristo la nostra oblazione è la misura del nostro tempo e la nostra “durata” è movimento verso il Padre. In questo tempo e in questa “durata” vissuti per Dio, Dio ha del tempo per il mondo, nel Cristo che vive in noi la sua oblazione. Questa potrebbe ben essere l’espressione più profonda di quella “reale fecondità apostolica” (e redentrice o riparatrice) che il testo delle nostre Costituzioni riconosce alla nostra “consacrazione” mediante “la vita d’unione all’oblazione di Cristo” (n. 26, cf. n. 27).

373  Questa linea di riflessione un po’ difficile, ma molto profonda e suggestiva, meriterebbe di essere seguita e approfondita, per una comprensione secondo verità della natura dell’oblazione e della vita d’oblazione. Rileviamo solo come essa lega strettamente il “movimento dell’essere, la durata vissuta e il rapporto al tempo e allo spazio”. Se la vita d’oblazione è avere del tempo, tutto il proprio tempo per Dio, allora è l’uso del tempo che è in gioco. Nel tempo della nostra vita vissuta per Dio la nostra oblazione si dispiega, si concretizza, si realizza in attitudini o disposizioni (disponibilità e solidarietà) e in impegni concreti, in opere, in compiti diversi, e in nome della “grazia speciale” della nostra oblazione, che ha già per se stessa “una reale fecondità apostolica” che “ci mette al servizio della missione salvifica del Popolo di Dio nel mondo d’oggi” (n. 27).

4. Disponibilità e solidarietà

4.1. I termini

374  Queste due parole riassumono, nelle nostre Costituzioni, le due attitudini o disposizioni che reggono lo spiegamento, nella nostra vita concreta, nel tempo e nello spazio, della nostra vita religiosa, nella sua “unione all’oblazione di Cristo” (n. 26). Secondo questo titolo si potrebbe parlare di una legge o norma di disponibilità e di una norma o legge di solidarietà.

375  Il termine “disponibilità” compare nel n. 18, in stretta relazione con la “unione a Cristo nel suo amore per il Padre e per gli uomini”, di cui parla il n. 17, secondo la legge dell’“interiorità reciproca”, formulata nello stesso n. 17. Con “l’ascolto della Parola e la condivisione del Pane” (n. 17), la “disponibilità” è espressione “nei fatti e secondo verità” del “nostro amore per tutti, specialmente per i piccoli, per quelli che soffrono” e anche della nostra vita d’“unione a Cristo” (n. 18).

376  Il termine “disponibilità” ritorna al n. 53 a proposito dell’obbedienza di Cristo, modello della nostra obbedienza, quindi al n. 55 come condizione della vita comunitaria e al n. 85 riguardo a Maria come la perfetta immagine della nostra vita religiosa, infine al n. 144, per esprimere la legge del nostro rinnovamento e della nostra “conversione permanente”.

377  Il termine: “solidarietà” appare nel n. 10, per caratterizzare la relazione di Cristo col mondo, secondo la legge dell’Incarnazione, quindi al n. 22 riguardo alla nostra “comunione con Cristo” e implica una duplice solidarietà: con Cristo e, in lui presente nella vita del mondo, con “tutta l’umanità e tutto il creato”. Nei nn. 29 e 38 si tratta di questa seconda solidarietà: seguendo Cristo “dobbiamo vivere in una solidarietà reale con gli uomini” (n. 29); “la nostra professione dei consigli evangelici ci rende maggiormente solidali con la vita” degli uomini (n. 38).

378  “Disponibilità” e “solidarietà” sono dei termini che appartengono al vocabolario psico-sociologico e riguardano la relazioni umane e sociali. Essi non racchiudono tutto il senso dei termini tradizionali dell’“oblazione” e dell’“abbandono”, ma, come espressioni dell’oblazione, attingono dalla stessa oblazione (per noi come per Cristo) il loro significato e la loro portata propriamente teologali. Hanno soprattutto il vantaggio di concretizzare l’oblazione. Infatti evitano il rischio di ridurre l’oblazione al solo “esercizio cultuale” o agli “atti d’oblazione” giustamente richiesti dalle antiche Costituzioni (cf. nn. 10-11) o di fare dell’oblazione soprattutto un tema di “considerazioni” e di “devozione”. Ci ricordano come l’oblazione si vive “con i fatti e nella verità” (n. 18).

4.2. L’oblazione “nella verità e nei fatti”

379  La disponibilità è, in un certo modo, il dispiegarsi o la pratica della nostra vita d’oblazione nel tempo: è mettere a disposizione il nostro essere nella sua durata, nel suo uso del tempo: tempo di attenzione all’altro, di accoglienza, di servizio. Questi ultimi termini sono da seguire in tutto il testo delle nuove Costituzioni, specialmente il termine servizio, che ritroviamo in molteplici contesti:

–   al n. 10 esplicita l’espressione: “obbedienza al Padre” mediante il “servizio” del Cristo-Servo “per le moltitudini”;

–   ai nn. 25 e 34 è messo in rilievo “il servizio del Vangelo”, ossia il dovere di evangelizzare;

–   al n. 27 il “servizio della missione” e al n. 30 il “servizio della Chiesa”;

–   al n. 31 si parla della nostra “Adorazione eucaristica” come di “un autentico servizio nella Chiesa”;

–   e ancora di “servizio” si parla ai nn. 48, 50, 51, 52, 54, 55, 56, 61, 62, 70 e in tutta la quarta parte, che tratta del “servizio dell’autorità” (nn. 106-136).

380  Tutto questo mette in rilievo quanta parte del nostro tempo e del suo uso è regolato dalla “disponibilità” in nome dell’oblazione “nel servizio delle nostre diverse mansioni”, dice il n. 22; “Orationes, labores, doloresque suos Deo in unione cum Sacratissimo Corde Jesu offerant”, dicevano le antiche Costituzioni (n. 10). Il tessuto stesso della nostra vita è ripreso e vissuto nell’oblazione riparatrice. La vita in se stessa diventa un “ricambio d’amore” nella preghiera, nel servizio dei fratelli, nel servizio della Chiesa e del Vangelo: una vera liturgia, un autentico sacrificio spirituale (cf. Rm 12,1; Ef 5,2).

381  La solidarietà è in qualche modo la nostra vita d’oblazione nel suo dispiegamento spaziale, nelle relazioni con il mondo e con gli uomini. Tutto questo nell’unione e mediante “l’unione all’oblazione di Cristo” (n. 26), presente nella vita degli uomini.

382  Solidarietà significa presenza e attenzione, condivisione, collaborazione, partecipazione, corresponsabilità, comunione. Queste parole ritornano in tutto il testo delle nuove Costituzioni, sia riguardo a Cristo (cf. nn. 9, 10, 11, 19, 22, 23, 28…), sia per caratterizzare la nostra relazione col mondo (cf. nn. 22, 23, 25, 29…) e la nostra vita comunitaria (cf. nn. 67, 75…).

383  La nostra oblazione, unita a quella di Cristo, ci porta a rivivere l’Incarnazione, come un inserimento nel “movimento dell’amore redentore” (n. 21), “in solidarietà… con Cristo, presente nella vita del mondo, con tutta l’umanità e tutto il creato” (n. 22), tutto questo soprattutto “nell’offerta delle sofferenze, sopportate con pazienza e abbandono, … per la redenzione del mondo” (n. 24): anche la sofferenza solitaria è espressione di solidarietà.

4.3. Per la comunità e per l’apostolato

384  La disponibilità e la solidarietà sono necessarie per i nostri “orientamenti apostolici”, per i nostri “impegni” e, di conseguenza, per la nostra partecipazione alla missione della Chiesa nelle sue forme concrete di realizzazione (cf. nn. 30-34). Esse interessano anche la comunità come tale e lo stile stesso del nostro apostolato.

385  Anzitutto disponibilità e solidarietà non si realizzano l’una senza l’altra. Non si può concepire, in effetti, una possibile solidarietà senza disponibilità, e la disponibilità suppone una reale e profonda coscienza della solidarietà.

386  Questo sul piano comunitario come sul piano personale, nell’esercizio sia comunitario che personale del “carisma comune”. La comunità, dichiara il n. 61, “al servizio di una missione apostolica, secondo la vocazione che ci è propria, si fortifica nel compimento di questo servizio”. E già riguardo all’obbedienza, come nella vita comune (cf. n. 67), disponibilità e solidarietà si richiamano a vicenda (cf. nn. 53-58). Al servizio della sua “missione apostolica” e del carisma comune o del progetto comune, la comunità deve essere solidale nella disponibilità e disponibile per essere solidale con gli “uomini in mezzo ai quali vive” (n. 61). Oltre l’oblazione personale di ognuno dei membri, è necessaria una specie di oblazione comunitaria, con la disponibilità e con la solidarietà, che sono così richiamate e realizzate, non solo nell’atto comunitario quotidiano dell’oblazione. Una comunità che vive la sua oblazione “nei fatti e nella verità” (n. 18), perché è disponibile e solidale, è una comunità apostolica e missionaria.

387  Disponibilità e solidarietà devono caratterizzare il nostro rapporto col mondo e lo stile del nostro apostolato, rendendoci “attenti agli appelli del mondo” (nn. 35-39): “La vita d’oblazione… ci conduce a ricercare… ci rende attenti…” (n. 35).

388  Non siamo dunque disponibili e solidali, in nome di un qualche conformismo, a un modo più o meno recente di aggiornamento conciliare o in nome di qualche corrente di sociologia religiosa; ma assecondando un’esigenza intima della nostra “grazia speciale… di unione all’oblazione di Cristo” (n. 26) e al “nostro carisma profetico che ci mette al servizio della missione salvifica del Popolo di Dio nel mondo d’oggi” (n. 27).

389  L’esempio di p. Dehon è, in questo senso, significativo all’evidenza, anche se in lui questa “attenzione agli appelli del mondo” (cf. nn. 35-39) ha preceduto, in qualche modo la sua vocazione religiosa e la sua missione, o almeno la coscienza che ne ha preso. La sua attenzione ai “mali della società” e alle loro “cause” (n. 4) ha presto trovato modo di collegarsi all’ispirazione di fondare l’Istituto. Questo collegamento era forse meno esplicito agli inizi. Vi è una ricerca interessante da continuare sulla missione ecclesiale della Congregazione nel pensiero di p. Dehon nel corso degli anni e nell’evoluzione storica della coscienza della Congregazione, come pure nei testi ufficiali. Si conoscono in tutti i casi, le grandi difficoltà che p. Dehon ha incontrato a questo riguardo nei Capitoli del 1893 e del 1896, e come ha sempre, per un’intuizione sicura, difeso e mantenuto l’orientamento apostolico della Congregazione (cf. M. Denis, scj, “Il Progetto di P. Dehon…”, STD 4, ed. it., pp. 222-248; H. Dorresteijn, scj, Vita e Personalità di P. Dehon, pp. 687-704).

390  Senza entrare nei particolari delle espressioni dei nn. 35-39, che sono d’altronde l’eco delle grandi dichiarazioni della Gaudium et Spes, dobbiamo ritenere come riconosciuto il legame fra lo spirito, la vita d’oblazione e quell’“attenzione agli appelli del mondo”, con ciò che essa suppone e implica nel campo dell’informazione, dello studio, della riflessione, della collaborazione e della partecipazione effettiva. Siamo chiamati, in qualche modo, per un titolo nuovo e specifico, quello della nostra oblazione, a riprendere, per conto nostro, i grandi orientamenti del Concilio e del Sinodo dei vescovi del 1971 sulla giustizia e sulla pace, per la realizzazione della promozione umana come parte integrante dell’evangelizzazione.

391  Infine, questa vita d’oblazione, di disponibilità nella solidarietà e di solidarietà nella disponibilità, è e dovrebbe essere per noi uno stimolo sempre attivo, per una visione del mondo, della società e dei rapporti umani, penetrati tutti, dallo spirito del Cuore di Cristo, nella sua disponibilità totale e nella sua solidarietà sia affettiva (cf. Mc 8,2; Mt 15,32), sia effettiva (cf. Mc 8,6; Mt 5,7.15,35-36; Gv 2,7…).

392  Una grande coerenza si stabilisce così, fra la dottrina e la vita, sul fondamento unico dell’oblazione: quell’“Ecce venio nel quale, secondo le parole stesse di p. Dehon… è compendiata tutta la nostra vocazione, il nostro fine, il nostro dovere, le nostre promesse (n. 6, citando DS, p. I, par. 3).

393  La quarta norma del “rinnovamento adattato”, che il Concilio ha indicato per tutti gli istituti (cf. PC, 2d), trova così per noi un’applicazione specifica. In ragione della “caratteristica che ci è propria” e del nostro “carisma profetico” è richiesta presso di noi “un’appropriata conoscenza sia delle condizioni dei tempi e degli uomini, sia dei bisogni della Chiesa, in modo che essi sapendo rettamente giudicare le circostanze attuali di questo mondo secondo i criteri della fede e ardendo di zelo apostolico, siano in grado di giovare agli altri più efficacemente” (PC, 2d).

5. Dei compiti diverse

5.1. Un problema storico

394  I nn. 30-34 costituiscono, nello sviluppo del par. 4 (nn. 26-34) una suddivisione caratterizzata dalle espressioni: “mansioni pastorali” (n. 30), “orientamenti apostolici” (n. 30), “impegni concreti” (n. 32), “modalità del nostro inserimento nella missione ecclesiale” (n. 34). Secondo la terminologia tradizionale si tratta delle “opere”, come del luogo di esercizio della nostra disponibilità e solidarietà, e, più generalmente, del luogo della nostra oblazione, unita all’oblazione di Cristo. Dice il n. 22: “Nel servizio delle nostre diverse mansioni, vogliamo entrare in comunione con Cristo” e il n. 25: “Tutto ciò che siamo, ciò che facciamo e soffriamo (è) per il servizio del Vangelo”.

395  Riguardo a questo tema il n. 30 racchiude tre dichiarazioni:

–   “Il nostro Istituto è un Istituto apostolico: per questo ci mettiamo volentieri a servizio della Chiesa nelle sue diverse mansioni pastorali”;

–   l’Istituto “non è stato fondato in vista di un’opera determinata”;

–   ma “ha dal Fondatore degli orientamenti apostolici, che caratterizzano la sua missione nella Chiesa”.

396  Due linee e due tendenze riconosciamo in questo n. 30:

–   l’indeterminazione, come un’esigenza logica della disponibilità totale e della solidarietà con Cristo, con la Chiesa e con gli uomini in tutti i loro bisogni, secondo i vari luoghi e i diversi tempi;

–   la determinazione, per il fatto che la nostra oblazione vuole essere unione all’oblazione di Cristo, “unione al suo divin Cuore”, secondo l’espressione di p. Dehon, gli orientamenti del “nostro zelo”, dice il Direttorio del 1919 sono quelli che possono essere “i più cari al Cuore di Gesù…”

397  La questione fu dibattuta nella prima Conferenza Generale del 1969, nel Capitolo del 1973, più brevemente nella seconda Conferenza Generale del 1976 e, per la messa a punto del testo del 1979, si confrontino i Documenta VIII e IX e anche l’articolo di p. Girardi in Dehoniana 1/1982.

398  Sarebbe interessante seguire l’evoluzione della questione nella storia, nei testi della Congregazione e negli scritti di p. Dehon. Fin dalla fondazione dell’Istituto il problema si è imposto per p. Dehon nei rapporti col suo vescovo e per gli impegni diocesani (parrocchie, missioni popolari, opere diverse…).

399  Ricordiamo la formula delle antiche Costituzioni 1906-1924: “Si considereranno come umili e impegnati aiutanti del clero secolare…” o le formule molto generiche delle Costituzioni del 1885-1886 (nn. 19-21).

400  Fin dalle origini, tuttavia, alcuni orientamenti si profilano, si affermano e si precisano a poco a poco, fino ai testi molto espliciti dei “Ricordi” (1912), ai quali rinvia il n. 31 delle nuove Costituzioni[3].

401  Dobbiamo apprezzare l’equilibrio della formulazione dei nn. 30-31 per soddisfare la duplice esigenza di “indeterminazione” e di “determinazione”, richiesta dallo spirito d’oblazione. Si noterà l’importanza data agli “orientamenti apostolici” (nn. 30 e 32) o “opzioni”, ai quali devono corrispondere gli “impegni concreti” (n. 32) o “opere”, da assumere nella “Chiesa universale” e nelle “Chiese locali”, d’accordo “con i responsabili”, coi quali si devono ricercare “quelle modalità del nostro inserimento nella missione ecclesiale, che ci permettano di sviluppare le ricchezze della nostra vocazione” (n. 34).

5.2. I nostri “orientamenti apostolici

402  Per determinare i nostri “orientamenti apostolici”, p. Dehon, nel Direttorio Spirituale scrive: “Noi rispondiamo agli appelli di Nostro Signore a Paray-le-Monial, alle ispirazioni della grazia e alla guida della Provvidenza” (Introduzione). In altre parole: rispondiamo ai desideri e agli appelli del Cuore di Gesù, allo Spirito Santo, operante nelle anime, nella Chiesa e nel mondo.

403  Il testo delle nuove Costituzioni esplicita gli appelli di Nostro Signore con una triplice attenzione:

–   attenzione al Cuore di Gesù in se stesso, al suo amore e alla sua presenza attiva nel mondo;

–   attenzione “agli uomini, in particolare ai più indifesi” (n. 5), “specialmente ai piccoli, a quelli che soffrono” (n. 18), ai poveri, coi quali Cristo si identifica, annunciando loro “la Buona Novella… Alla sua sequela, dobbiamo vivere in una solidarietà reale con gli uomini” (n. 28). È necessaria anche l’attenzione agli appelli del mondo, che il Signore ci indirizza attraverso piccoli e grandi avvenimenti, nelle attese e nelle realizzazioni umane (cf. nn. 35-37);

–   occorre anche l’attenzione ai bisogni della Chiesa, Sposa e Corpo di Cristo, per rimediare alle sue “insufficienze pastorali” (n. 5), al “peccato” e alla “mancanza d’amore, che indebolisce la Chiesa” (nn. 4.7), mettendoci al suo servizio, “nelle sue diverse mansioni pastorali” (n. 30).

404  Questa triplice attenzione determina e orienta la nostra stessa disponibilità. Essa deve essere totale, secondo i bisogni degli uomini, del mondo e della Chiesa. Questa triplice attenzione non è indifferenziata, ma si ispira, secondo il modo di esprimersi di p. Dehon, a delle “preferenze” del Cuore di Cristo e, tutto questo, il testo delle nuove Costituzioni lo rileva con delle parole o delle espressioni come: “soprattutto” “in particolare” (nn. 4-5), “specialmente” (n. 18) e, parlando di “orientamenti apostolici che caratterizzano” la nostra “missione nella Chiesa” (n. 30), il nostro “servizio nella Chiesa” (n. 31) o meglio la nostra partecipazione “alla missione della Chiesa” (cf. nn. 26-34).

405  Le antiche Costituzioni (n. 8) indicavano, in questo senso, degli “apostolati” o degli “orientamenti” e il Direttorio Spirituale, al paragrafo su “Lo zelo” (p. VI, par. 23), parlava di opere che dobbiamo “preferire”, essendo “le più care al Cuore di Gesù: il servizio al clero, la sua formazione, la sua santificazione, la cura dei fanciulli, degli operai, dei poveri”, come un servizio fatto più direttamente a Nostro Signore stesso: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).

406  I nn. 30-34 delle nuove Costituzioni corrispondono ai nn. 7-8 delle antiche Costituzioni. Si può fare solo la distinzione che, mentre i nn. 30-31 trattano degli “orientamenti apostolici” (o “opzioni”), distinti così dalle “opere” in se stesse; i nn. 32-34 si soffermano sugli “impegni concreti”, ossia “le opere” al servizio della Chiesa universale e al servizio della Chiesa locale.

407  Quattro grandi “orientamenti apostolici” ci sono indicati ai nn. 30-31, in riferimento alle raccomandazioni e all’esempio di p. Dehon.

408  Vi si riconosce facilmente quella “triplice attenzione”, di cui abbiamo appena parlato, “ai desideri e appelli del Cuore di Gesù”, alle sue “preferenze” e ai bisogni della Chiesa e del mondo.

 

409  1. “L’Adorazione eucaristica”: è attenzione, unione, presenza a Cristo nel suo sacrificio e nella sua presenza sacramentale. Vissuta “in spirito d’oblazione e d’amore” è “un autentico servizio reso alla Chiesa” (n. 31). Le raccomandazioni di p. Dehon riguardo all’adorazione eucaristica abbondano e sono di una chiarezza e forza particolari: “Senza adorazione la nostra Opera non realizza la sua missione” (NQT VI, 24: 1 marzo 1893); “Bisogna tenerci con fermezza”, scrive nei “Ricordi” (LC, Ed. it., n. 401). E nel suo Testamento Spirituale: “La mia ultima parola sarà ancora per raccomandarvi l’adorazione quotidiana, l’adorazione riparatrice ufficiale, in nome della santa Chiesa, per consolare Nostro Signore e per affrettare il regno del Sacro Cuore nelle anime e nelle nazioni” (DS, App. II). In questo passo notiamo con interesse la prospettiva tipicamente apostolica conferita e riconosciuta alla nostra adorazione eucaristica (cf. anche M. Denis, scj: Il Progetto di P. Dehon…, STD 4, ed. it., Indice analitico, alla voce: “Adorazione eucaristica”, p. 488).

410  Il tema dell’eucaristia ritorna ai nn. 80-84: “Tutta la nostra vita cristiana e religiosa trova la sua fonte e il suo culmine nell’eucaristia” (n. 80). L’eucaristia vi è trattata nel suo legame con la vita comunitaria, mediante il testo degli Atti 2,42, richiamato al n. 76: “Fedeli alla preghiera” (At 2,42). Vi si ritrovano i grandi orientamenti della nostra vita spirituale e di quella di p. Dehon, per il quale il sacrificio eucaristico esprime e concentra “tutta la sua vita” come in “una messa continua” (n. 5). Facendo eco al n. 31, l’adorazione eucaristica, al n. 83, è caratterizzata come “un’esigenza della nostra vocazione riparatrice”.

 

411  2. “Il ministero verso i piccoli e gli umili, gli operai e i poveri”, coi quali “si è identificato” (n. 28), per annunciare loro l’insondabile ricchezza di Cristo. Il rapporto intimo di questa “attenzione ai poveri” con i desideri del Cuore di Cristo e l’esempio di Gesù sono sottolineati in Lc 4,18. In Mt 11,25-26 e in Lc 10,21-22 è espressa la “gioia” di Cristo e la sua “consolazione”, perché “ai piccoli” sono stati rivelati i misteri del Regno di Dio.

412  Il testo più conosciuto e più esplicito riguardo a questa seconda attività apostolica di p. Dehon è quello che leggiamo nei “Ricordi”: “Ho voluto anche contribuire all’elevazione delle masse popolari, mediante il regno della giustizia e della carità cristiana… Anche in questo campo il lavoro deve essere continuato” (LC, n. 388)[4].

 

413  3. “La formazione dei sacerdoti e dei religiosi” o più generalmente: “il servizio dei sacerdoti per la loro educazione e santificazione” secondo il Direttorio Spirituale (p. VIII, par. 23), poiché essi sono particolarmente amati da Cristo e sono chiamati ad amarlo in modo speciale e ancora perché sono particolarmente chiamati al ministero: un ministero nel quale l’insufficienza pastorale e l’infedeltà indeboliscono particolarmente la Chiesa (cf. nn. 4-5); un ministero che interessa particolarmente la missione di p. Dehon verso “i piccoli e gli umili” (n. 31)[5].

 

414  4. “L’attività missionaria”, come una forma privilegiata del servizio apostolico, che interessa la fedeltà e la vitalità della Chiesa, Sposa e Corpo di Cristo, nella missione che il Signore le ha confidato e anche come una grande “prova d’amore” verso Nostro Signore, nella linea della vita d’amore e di riparazione perché esige grandi sacrifici[6].

415  Il n. 31 fa riferimento ai “Ricordi” XI, ove sono indicate le “opere” che bisogna preferire e lo spirito con il quale occorre intraprenderle e realizzarle. Per p. Dehon tutto si riassume nella sua grande impresa di apostolato generale: “Condurre i sacerdoti e i fedeli al Cuore di Gesù…” (LC, n. 386). È un apostolato, aggiunge, che “deve essere continuato”, esteso, intensificato (LC, n. 388).

416  Questo tema degli “orientamenti apostolici” è, in ogni caso, particolarmente importante, per l’identità e la vitalità dell’Istituto come “Istituto apostolico”, in una “prospettiva spirituale” determinata, come è stata “riconosciuta” dalla Chiesa, e per rispondere alla vocazione dell’Istituto stesso di “far fruttificare” il carisma del Fondatore “secondo le esigenze della Chiesa e del mondo” (n. 1).

5.3. I nostri “impegni” e le nostre “opere”

417  In questo campo, le nuove Costituzioni – codice fondamentale, rinviano ai nn. 32-34 per tutte le determinazioni concrete, ai Direttori Provinciali, per gli adattamenti necessari secondo i luoghi e i tempi, tenendo conto dei bisogni locali.

418  Tre direttive generali o tre criteri generali sono solamente richiamati:

–   “comunione con la vita della Chiesa” e specialmente “con i responsabili delle Chiese locali” (nn. 32.34);

–   attenzione ai segni dei tempi… “secondo i tempi e i luoghi” (n. 32);

–   corrispondenza agli “orientamenti apostolici” indicati (n. 32), con un’attenzione particolare ai ministeri dell’evangelizzazione missionaria (cf. n. 33).

419  Questi “impegni” apostolici e queste “opere” devono essere considerati e devono essere realmente “modalità del nostro inserimento nella missione ecclesiale, che ci permettono di sviluppare le ricchezze della nostra vocazione” (n. 34) e di realizzare così l’unità della vita religiosa, secondo la sua doppia dimensione complementare: di vita spirituale e vita apostolica.

420  Le brevi indicazioni date dalle Costituzioni corrispondono agli orientamenti conciliari. Essi saranno utilmente completati e sviluppati con l’aiuto di documenti apparsi dopo il Concilio, specialmente la lettera Mutuae relationes del 14 maggio 1978.

6. Per la gloria e la gioia di Dio

421  Questa espressione del n. 25, posta a conclusione dello sviluppo riguardante la nostra “vita spirituale” (nn. 16-25), sembra una bella conclusione per riflettere sulla nostra “missione apostolica”, sulla nostra “partecipazione alla missione della Chiesa nel mondo d’oggi” (cf. nn. 26-39) e per una riflessione d’insieme sulla “nostra vita religiosa di Sacerdoti del Sacro Cuore”. Essa fornisce, in effetti, alla conclusione del n. 39 sulla nostra “testimonianza profetica… per l’avvento di una nuova umanità in Cristo Gesù”, la sua prospettiva ultima e il suo significato più profondo.

422  Così, nel grande testo della Lettera agli Efesini 1,3-14, ove la formula: “A lode della gloria della sua grazia”, scandisce per tre volte (vv. 6. 12. 14) lo sviluppo del brano: tutto il mistero rivelato e tutta la vita dell’Apostolo, oltre che dei cristiano, sono presentati sotto il segno della pura lode, del puro amore.

423  Possiamo anche pensare che è un bellissimo modo di esprimere quella che si può considerare come la legge essenziale della nostra vita di Sacerdoti del Sacro Cuore: la legge del puro amore, particolarmente vissuta e commentata da p. Dehon.

424  Riguardo all’espressione in se stessa occorrerebbe un volume per spiegare l’uso che ne fa p. Dehon, la sua predilezione, la sua convinzione, sino alla formula già citata e che, in un primo momento, sorprende, eppure contiene una grande verità: “Il puro amore: li è la salvezza della Chiesa e del mondo; ciò che risolve tutta l’attuale questione sociale” (CF II, 45-47)[7].

425  Le nuove Costituzioni non riprendono l’espressione: “puro amore”, ma la “legge del puro amore” è presente in tutto il testo nelle espressioni che sottolineano il radicalismo e l’esigenza assoluta di questo amore, di cui esperimentiamo la presenza attiva nella nostra vita (cf. nn. 9.14.25). Il vocabolario del Direttorio Spirituale (“puro, tutto, niente, assolutamente, estremamente”…, ecc.) e gli sviluppi che consacra al “puro amore” e alla “purità d’intenzione” (cf. p. I, par. 2 e 5, p. VI, par. 3 e 12) colpiscono forse maggiormente; ma le nuove Costituzioni non sono meno esigenti nel parlare della santità, della carità perfetta (cf. nn. 13-14) e dell’impegno “senza riserve” per una vera “testimonianza profetica” (n. 39).

426  Si osserverà a questo proposito l’uso così frequente della formula, “per il Padre e per gli uomini” (nn. 3.6.10.14.17.23.25…), sia per l’amore di Cristo, sia per il nostro amore e la nostra oblazione. Qui pure è da tenere presente la teologia della carità, dell’unica “agape” e dell’unico amore: nessun dualismo, né parallelismo, né dicotomia; ma la dialettica unitaria dell’amore cristiano. L’amore di Cristo per l’umanità ha il suo principio e la sua fine nella mutua conoscenza, nel mutuo amore del Padre e del Figlio (cf. Gv 10,15). L’amore di Cristo verso gli uomini, la sua solidarietà è l’espressione del suo puro amore verso il Padre. La Chiesa, nella sua missione a servizio dell’umanità, vive e realizza il suo amore di Sposa del Cristo. In questa linea, anche la nostra missione e la nostra azione apostolica possono e devono essere azione e vita di puro amore, per realizzare l’avvento di una nuova umanità, “per la Gloria e la Gioia di Dio” (n. 25).

427  In questa prospettiva l’insistenza delle nostre nuove Costituzioni nel riferimento al mondo, agli uomini, all’umanità, alle moltitudini… ecc., assume tutto il suo significato profondo. Questa prospettiva non è identica a quella del Direttorio Spirituale molto più ascetica e rivolta all’interiorità. Possiamo tuttavia concludere che le nostre nuove Costituzioni, centrando tutto sull’unione a Cristo nel suo amore e nella sua oblazione, sono nella linea di una profonda fedeltà dehoniana riguardo alla “legge del puro amore”.

428  La purità dell’amore, l’“unità nella pretesa”, secondo la curiosa formula di s. Margherita Maria, è la grande legge della nostra vita, almeno come un ideale proposto, ideale della “carità perfetta”, al quale “facciamo professione di tendere” (n. 14). Questa “tensione” o “epéktasis”, che abbiamo evocato riguardo a p. Dehon (cf. II, 3), è una nuova legge dell’amore, è la tensione continua nel possesso stesso, di cui parla Paolo nelle Lettera ai Filippesi: “Conquistato da Cristo… mi sforzo di correre per conquistarlo” (3,12).

429  Il testo delle nuove Costituzioni testimonia tutto questo a suo modo, moltiplicando i termini di: “appello”, “ricerca” e invitandoci a “scoprire sempre più” (n. 17) e con più profondità… per un’unione che si affermi e si rinnovi incessantemente. È la legge dell’impegno “senza riserve”, di cui parla il n. 39, come condizione ed espressione della nostra “testimonianza profetica…, per l’avvento di una nuova umanità” (n. 39), – “per la Gloria e la Gioia di Dio” (n. 25).

 

[1] Si confrontino i grandi testi conciliari: Lumen Gentium e Gaudium et Spes e, per i rapporti Chiesa-vita religiosa, oltre a LG 44-45, PC 1-2, la lettera Mutuae relationes del 14.5.1978.

[2] Il commento di P.A. Carminati (o.c., pp. 38-50) offre degli orientamenti di riflessione e dei testi suggestivi.

[3] Su questo argomento, cf. M. Denis, scj: Il Progetto di p. Dehon…, STD 4, Ed. It., Indice analitico, alla voce: “Apostolato della Congregazione”, p. 488; H. Dorresteijn, scj: Vita e Personalità di P. Dehon, pp. 860-867.

[4] Riguardo al pensiero, alle raccomandazioni e all’esempio di p. Dehon in questo campo si troveranno numerosi riferimenti in M. Denis, scj: Il Progetto di p. Dehon…, o.c., cf. Indice analitico alle voci “Apostolato nella Congregazione”; “Apostolato del P. Fondatore”; “Apostolato sociale del P. Fondatore”, pp. 488-489; cf. anche H. Dorresteijn scj, La Vita e la Personalità di p. Dehon: “P. Dehon, i cattolici e la Questione sociale”, ecc., pp. 731-765.793-802. La lettura delle Oeuvres Sociales di p. Dehon, edite in tre volumi, può essere eloquente a questo riguardo.

[5] Su questo orientamento sacerdotale e di riparazione sacerdotale dell’Opera di p. Dehon, le sue dichiarazioni sono pure molto numerose. Cf. M. Denis, scj: Il Progetto di P. Dehon…, o.c., Indice analitico alle voci: “Riparazione”; “Sacerdozio e vocazione scj”. p. 494; cf. anche Cahiers Falleur, o.c., alle voci: “Ames consacrées”; “Prétres”, pp. 248. 259.

[6] Cf. LC, nn. 162. 326…; “Ricordi”, LC, n. 390 e M. Denis, scj: “Il Progetto di P. Dehon…”, o.c., Indice analitico, alla voce: “Missionari (formazione dei) e “Missioni all’estero”, p. 492.

[7] Per una prima documentazione, cf. M. Denis, scj: Il Progetto…, o.c., ed. it., Indice analitico alla voce: “Amore di Dio” (“puro amore”), p. 488.

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