Il mondo occidentale non ha mai vissuto un’era più prospera, pacifica e ricca di scoperte. Il più lungo periodo senza guerre. Eppure mai come oggi le società hanno così paura del futuro. Ho parlato recentemente con un amico e gli ho chiesto di che cosa avesse paura e mi ha sgranato subito una serie di realtà pesanti: “La “paura dell’altro”, il pessimismo generato dalla crisi economica, la mancanza di lavoro e l’insicurezza sociale”. Una matassa di paure eterogenee, che si mescolano e si sommano le une alle altre, amplificate dai media, paralizza l’uomo contemporaneo in un senso di precarietà diffuso, in un’angoscia senza fine.
La forza delle notizie
Ma la vera novità sta nell’importanza e nella velocità della comunicazione oggi. Veniamo immediatamente a conoscenza di un assassinio o una catastrofe all’altro capo del mondo e così si crea quell’effetto di accumulo che dà luogo a un’atmosfera costante di costrizione e di paura. In modo un po’artificiale. Viviamo con la sensazione che tutto sia collegato, tutto sia in relazione. Si afferma così una “retorica nazionalista che difende gli interessi nazionali rispetto ai valori umani universali e gli obblighi internazionali”, che può fomentare atteggiamenti di “razzismo e xenofobia”. Il nemico non è facilmente localizzabile, e i partiti nazionalisti hanno buon gioco nello screditare qualsiasi azione benefica all’esterno del proprio stato. In tal modo la solidarietà si perde per strada a favore di una fittizia sovranità nazionale e la soluzione comunitaria di problemi comuni è resa impossibile.
Un ritorno alla riflessione
La comunicazione orizzontale può dare tante risposte, ma spesso sono solo “I like” o “I don’t like”. Il miglior antidoto alla paura, è il ritorno alla vita interiore. Il nostro mondo è artificialmente estroverso, per motivi economici, perché la realtà interiore è un qualcosa difficile da vendere. Rimane però vero che il miglioramento della nostra qualità di vita passa da un atteggiamento più introspettivo, da un approfondimento che ci permetta di capire e metabolizzare poco alla volta le novità. D’altra parte, una vita più equilibrata, non sconvolta da tutte queste novità che ci cadono addosso, dovrebbe avere anche un migliore rapporto con il tempo. La connessione perpetua frattura il nostro rapporto con il tempo, la reazione deve sempre essere immediata, non sappiamo più aspettare né elaborare il pensiero. E questo facilita il senso di paura. Una paura che non fa che incentivare “l’individualismo”, precludendo l’incapacità di “costruire nuove relazioni”: ciò si manifesta sia a “livello personale”, che nelle “relazioni internazionali”. Il fondamento della sicurezza sociale è la giustizia sociale, che pone come diritto di ogni persona avere i mezzi sufficienti per soddisfare le esigenze vitali, anche attraverso limitazioni indispensabili a raggiungere i fini di interesse collettivo generale.