Con la decisione della Corte d’appello di Varsavia, il nostro confratello p. Michał Olszewski è stato rilasciato dalla custodia cautelare. Per la Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore e la famiglia di padre Michał è un giorno di grande speranza
«Un giorno molto importante, atteso da sette mesi, è finalmente arrivato. Con la decisione della Corte d’appello di Varsavia, il nostro confratello p. Michał Olszewski e due funzionarie [del Ministero della Giustizia – ndr], la signora Karolina e la signora Urszula, sono stati rilasciati dalla custodia cautelare su cauzione. Per la Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore e la famiglia di padre Michał è un giorno di grande speranza. Guardando al futuro, si rinnova la nostra fiducia in un processo giusto, che speriamo porti a una sentenza veritiera».
Sono le parole di un comunicato pubblicato in data 24 ottobre 2024 sul sito web della Provincia polacca dei Sacerdoti del Sacro Cuore (dehoniani). L’annuncio fa riferimento alla vicenda di p. Michał Olszewski e di due ex funzionarie del Ministero della Giustizia della quale avevamo dato notizia su SettimanaNews (14 settembre 2024).
La Corte d’appello di Varsavia ha ritenuto – dopo 7 messi – che non vi fossero più ragioni sufficienti per prolungare la carcerazione (in isolamento) dei tre imputati e ha deciso di rilasciarli dietro pagamento di un’onerosa cauzione (350.000 PLN, che significa una cifra intorno agli 80 mila euro versati dalla Provincia per il religioso).
La Procura aveva avanzato la richiesta di un ulteriore prolungamento di tre mesi della misura cautelare che è stata respinta. L’avvocato degli imputati, Krzysztof Wąsowski, intervistato dalla Nuova Bussola Quotidiana (29 ottobre), sostiene che l’ufficio del pubblico ministero non avesse prove concrete e nemmeno testimoni da produrre, e che la detenzione sia stata una costruzione manipolatoria della Procura volta a imbrogliare i giudici e a costringere gli imputati a fornire dichiarazioni contro esponenti politici del precedente Governo PiS, ora all’opposizione, tra i quali l’ex ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro. Un’operazione soltanto politica, nella ricostruzione dell’avvocato.
«Finalmente, dopo sette mesi, la Corte ha fermato questo imbroglio», ha detto Wąsowski, il quale ha raccontato di oltre 900 volumi di 200 pagine ciascuno presentati dalla Procura come documentazione per «gonfiare» il caso davanti al Tribunale, renderne complicato l’esame e allungare i tempi della carcerazione. Dallo scorso luglio il Tribunale ha iniziato tuttavia a incalzare la Procura, chiedendo spiegazioni per giustificare la misura cautelare.
«L’ufficio del pubblico ministero – prosegue l’avvocato difensore – non ha prove convincenti, quindi deve ricorrere alla manipolazione e alla frode perché, se l’ufficio del pubblico ministero avesse le prove, semplicemente le mostrerebbe, presenterebbe un atto d’accusa e andrebbe in tribunale. E poi sarebbe il tribunale stesso a decidere se gli imputati debbano rimanere in prigione. La Procura non ha preparato nessuna accusa in sette mesi, ha solo fatto annunci con molta audacia». Inoltre, si viene a sapere che tra luglio e ottobre la Procura non ha consentito agli avvocati della difesa di partecipare all’interrogatorio di otto persone, testimoni o co-indagati.
Ai tre imputati dopo la liberazione è stato tolto il passaporto ed è stato vietato di lasciare la Polonia e di contattarsi tra di loro e con i testimoni. Senza tuttavia che la Procura abbia reso noti i nomi degli stessi testimoni. «Il punto era semplicemente quello di distruggere queste persone e costringerle a “denunciare” i cosiddetti mandanti, cioè i politici dell’attuale opposizione», sostiene Wąsowski. Una posizione che solleva questioni importanti in uno Stato di diritto e per un governo convintamente europeista come quello di Donald Tusk. In tutta la vicenda pesa molto il silenzio della conferenza episcopale polacca, che ha dato notizia della liberazione in un breve comunicato.
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