Buon Natale! O sarebbe meglio dire: joyeux Noël ! Ecco il nostro augurio, ma… nel nostro desiderio di farlo riprendendo le orme scritte del nostro fondatore, dobbiamo dire che non appare questa espressione. Il 25 dicembre di quell’anno di 1871 era ancora molto vicino al 10 maggio, quando il governo francese, contro la volontà del popolo, si era arreso alle truppe prussiane.
Il giovane prete ha un difficile compito: predicare in questo giorno, così speciale nella cristiana Europa, ad un popolo depresso, intimorito e sconvolto; che ha sofferto la guerra alle porte delle loro case, che soffre per tutti i mutamenti profondi che si adoperano nella società, nel tessuto industriale, nell’economia, nei ceti sociali… e Dehon non evita di guardare in faccia queste tenebre. E in mezzo ad esse proclama la venuta tra noi di “la lumière qui éclaire et la paix qui console”. Luce che illumina, pace che consola… “au milieu de la nuit et de la nuit la plus froide qu’il vient, pour signifier l’état du monde gisant dans les ténèbres et le froid de la mort”. Non per niente c’è ‘dolcezza’ o vana artificialità nel lungo discorso che offre. C’è confronto con il buio che minaccia il suo popolo, tutto il suo popolo, e lo combatte. Denuncia le oscurità che percepisce: l’eccesso della stima personale, l’eccesso dei piaceri dei sensi, l’eccesso dell’attaccamento ai beni della terra. Niente di nuovo, ma purtroppo niente di vecchio, cioè niente che oggi non continui a far fallire le nostre esistenze sottilmente.
Per questo ci troviamo con il Dehon più essenziale, sebbene ancora germinale, che denuncia queste ombre di morte: la Borsa, lo sfruttamento dell’operaio, gli scandali e calunnie della stampa, ma anche l’operario che vuole arrivare violentemente anche alla proprietà di quello che non gli appartiene. Ecco l’ombra più minacciante: “La société est en guerre déclarée contre elle-même et le résultat, sans le christianisme, sera la ruine de tous” [8]. Mamma mia! Che giorno ha scelto per scatenarsi così! Certamente c’è lo spazio per altri eccessi, quelli dell’amore per noi che tocca i nostri cuori in questo Bambino che ci è stato dato.
Un sermone impegnativo, un occhio verso la realtà che alcuni vogliono celare dietro a luci e rumori vuoti. Ma questo Bambino piange, ha freddo, e così chiama a rinnovare questo mondo. Solo nell’impegno di assecondare il Verbo fatto carne ha senso ripetere il nostro Buon Natale a tutti!