L’Avvento è (anche) un tempo per guardare in avanti. P. Dehon indica che “l’incarnazione del Verbo è il principio di tutta la redenzione” e di tutto l’ordine della naturale; per questo “il Verbo è il centro di tutta la creazione” (NQT 1/105).
Nello stupore del mistero, Dehon contempla di nuovo come ogni anno si ripete il miracolo! Non si tratta soltanto di contemplare, adorare e accettare il movimento di amore di Dio verso di noi, ma di entrare nella dinamica del modo che Dio ha scelto di venire a noi: Nobis datus, nobis natus, cioè attraverso la donazione, la consegna nella più nuda e rischiosa fiducia che si possa immaginare; nella “nientepotenza” di un bambino che ci viene adesso promesso, e che ci sarà consegnato nei misteri della Pasqua di Natale.
Il nostro Fondatore insiste molto in questa nuova realtà che siamo chiamati a rinnovare: la familiarità con il Signore. È mezzo e meta del cammino. Il Signore ci viene dato “attraverso una fiducia piena di amore”, che tenta di costruire in noi lo stesso sentimento e atteggiamento di vita: piena fiducia, pieno ritrovarsi con il nostro essere amore, piena gioia di essere noi stessi in Lui e annunciarlo e proporlo nel luogo e nel tempo in qui ci troviamo ognuno; in mezzo alle carovane di pezzi del popolo che, abitando nelle tenebre, cercano una grande luce. Pienezza!
Arriva il tempo per guardare in avanti. Per sperare con ansietà che ci venga dato, che ci venga aperta la porta dell’accoglienza, della familiarità, della fiducia che frantuma le tenebre del dubbio, del giudizio affrettato, della paura.
Per questo, come padre spirituale, Dehon ci invita alla preparazione. E lo fa dandoci sia riferimenti di vita che brani evangelici da mettere nel cuore. Scriveva nel suo Diario:
“Prepariamoci alla grazia come Maria attraverso
– la purezza: “Missus est angelus ad virginem” [Lc 1,26-27];
– l’umiltà: “Ecce ancilla Domini” [Lc 1,38];
– la fede: “Fiat mihi secundum verbum tuum” [ibidem]”.
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“Anche nella contemplazione, il Sacro Cuore di Gesù si dona a noi:
Nobis datus, nobis natus.
Diventa non solo per noi un cuore di padre, di fratello e di amico; vuole ancora che noi esercitiamo una sorte di paternità spirituale su di lui, e lui diventa come il cuore di nostro figlio, come dice il nostro Signore nel Vangelo: “Se qualcuno fa la mia volontà, ecc.”, e come ha detto Isaia: “Un piccolo bambino è nato per noi e ci è stato dato”.
San Giovanni dice anche: “Piangeranno per lui come se fossero il loro unigenito Figlio”.
Allora dobbiamo sapere come avere una santa familiarità con il Sacro Cuore; dobbiamo sapere come comandarlo in qualche modo attraverso una fiducia piena di amore e che non esita mai, e quindi nulla ci verrà rifiutato di ciò che gli chiederemo”(CAM 1/172).