Maria camminante, gravida, con i suoi problemi, ma attenta all’altro, aperta ai bisogni della sua cugina, esce alla strada da sola, con i pericoli e nel suo stato, per servire.
Il tratto finale del nostro cammino di avvento ci invita a fissare lo sguardo su tre cose profeticamente annunciate:
Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà colui che deve essere il capo di Israele, pastore forte, nostra pace
- 1. piccolezza: amore in concreto, uno a uno: nel villaggio piccolo e con i loro problemi, ma anche nel nostro, nella famiglia, nella comunità, piccola o grande, migliore o peggiore, con salute o senza, con la irrequietezza per il futuro o con la tranquillità di aver già compiuto il proprio cammino… in quella piccolezza, ma qui
- 2. chiarezza: sì, nel senso del promesso capo o pastore forte, le cose chiare, i criteri ben stabiliti…; purtroppo fa paura scrivere così sapendo di poter essere letto da persone che cercano senza sosta senso, trattenersi, ragioni, motivi, logiche…, ma mi dispiace (o non tanto) ma la nostra roccia (capo, pastore…) è una chiara luce: è un Bambino, una speranza molto concreta. Nobis datus, nobis natus …
- 3. pace: dentro e fuori della nostra propria anima.
Perché la piccolezza, la chiarezza e la pace ci aiuteranno a riconoscere una voce a metà della notte che dice:
“Ecco, io vengo per fare la tua volontà”
Ormai vicino si annuncia, si intravede un mistero di santificazione, un mistero di novità, di buona novella, di profondità, di maggiore capacità di sentire.
Un atteggiamento: la gioia per quello concreto che sta per accadere, la gioia per essere capace di aspettare, la gioia della promessa esaurita: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.