12 marzo 2025
12 mar 2025

“Cercando e aspettando”« Je cherchais et j’attendais »

Lettera per il 14 marzo 2025 March 14, 2025, nell'anniversario di nascita di p. Leone Dehon


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Quest’anno celebriamo la nascita del Venerabile P. Leone Dehon avvolti dal Giubileo ordinario della Chiesa: “La speranza non delude” (Rm 5,5). Lo facciamo, inoltre, alla vigilia del centenario della sua morte e nel cammino verso i 150 anni dalla fondazione della Congregazione (2028). Sono eventi e date che ci invitano a rinnovare il nostro impegno cristiano e a ringraziare Dio per la vita, il carisma e l’opera del nostro fondatore. Egli stesso visse i giubilei universali del 1875, 1900 e 1925. L’ultimo di essi fu indetto da Pio XI con la bolla Infinita Dei misericordia. In quell’occasione, il Sommo Pontefice affidò tre intenzioni specifiche alla misericordia divina: la pace nei cuori e tra le nazioni, l’unità dei cristiani e la regolarizzazione – già allora – della situazione della Palestina.

Mentre la Chiesa si avvicinava a quel Giubileo del 1925 con questi desideri, il nostro Fondatore avvertiva sempre più vicino il termine dei suoi giorni. Nel gennaio di quell’anno scriveva nel suo diario: “La mia corsa sta per finire, è il tramonto della mia vita”. Consapevole del momento, con serena onestà si domandava: “Cosa è stato di questi 82 anni?”. Si interrogava come se fosse uno di quei servi del Vangelo chiamati a rendere conto di ciò che il loro Signore aveva affidato loro. Senza nascondere la propria fragilità, nella sua risposta consolidava anche la sua convinzione più profonda: “Ho commesso un’infinità di mancanze, ma confido nella misericordia del Sacro Cuore”.

Di fatto, non sono poche le volte in cui il P. Dehon confessa i suoi errori e le sue debolezze, ma sempre accompagnati dalla manifestazione di una infrangibile fiducia nella bontà del Signore. Non perdeva occasioni significative per esprimerlo, soprattutto in determinati anniversari o in occasione di eventi della Congregazione o della sua stessa vita. Approfittava di queste ricorrenze per «ouvrir mon cœur», come diceva lui stesso, e condividere su di sé, la sua vocazione e le sue attese per l’Istituto. Un buon esempio lo troviamo nei suoi “Ricordi 1843 – 1877 – 1912”, pubblicati in occasione del suo settantesimo compleanno. Egli stesso li presenta come se fossero il suo testamento spirituale.

Grazie alla sua buona memoria, alla sua profondità spirituale e alla maturità serena degli anni, P. Dehon ci offre molto più di una semplice successione di eventi in forma di cronaca. Man mano che il lettore si addentra nelle sue pagine, può riconoscere la voce di un uomo che sa leggere la vita con occhi di fede. Proprio per questo, fu capace di accogliere – e non senza sofferenza – le avversità e le difficoltà che incontrò lungo il cammino. 

In mezzo a tutto, fece del totale abbandono nelle mani di Dio il suo esercizio quotidiano più autentico. P. Dehon si nutriva con ardore del Vangelo, meditato, contemplato e celebrato nell’Eucaristia, nello studio e nella comunione costante con la Chiesa, sempre attento ai cambiamenti del suo tempo. Infatti, colpisce il grado di impegno che sviluppò fin dall’inizio. Ce lo fa capire lui stesso quando racconta parte della sua missione nei primi anni del suo ministero:

A Saint-Quentin ebbi un buon gruppo di collaboratori per le opere, per il Patronato, il giornale, la fondazione della parrocchia di San Martino. Il Patronato portò alla fondazione del Circolo Operaio, alle Conferenze Sociali, agli incontri tra imprenditori… Era una piccola Università sociale…

Tuttavia, il suo zelo apostolico non lo distolse da sé stesso, né dall’inquietudine vocazionale che Dio aveva seminato nel suo cuore. Qualcosa di particolarmente profondo esigeva ancora la sua attenzione:

Avevo la vocazione religiosa fin dall’adolescenza. Era sempre la conclusione dei miei ritiri. Ma non avevo luce nella preghiera per scegliere una comunità piuttosto che un’altra. Cercavo e aspettavo. Tutta la mia attrazione era per il Sacro Cuore e la riparazione.

Ma in queste righe P. Dehon non descrive solo il suo stato vocazionale. Ci rivela con estrema chiarezza come viveva il processo di discernimento, il suo metodo. Cioè, ci parla del “modo dehoniano” di affrontare la vocazione: «Je cherchais et j’attendais». Cercare e aspettare! Un vero equilibrio tra desideri ed emozioni. Saper scrutare e attendere il tempo opportuno, il kairós di Dio, che irrompe nel quotidiano e nell’imprevisto. Mantenere il cuore vigile e capace di guardare oltre i successi o gli insuccessi immediati. A questo proposito, mi viene in mente ciò che diceva un saggio e provato vescovo cubano: “L’importante non è concludere la giornata con la soddisfazione di aver raggiunto il bene desiderato, ma piuttosto terminarla con l’onestà di aver fatto tutto il possibile per conseguirlo, anche se non si è realizzato”.

Non è forse questa la lezione che P. Dehon ci insegna con la sua testimonianza? Giorno dopo giorno, imparò ad aprire la sua vita e il suo tempo all’azione benevola di Dio. Accogliendo la volontà del Padre, seppe aprire la sua esistenza e la sua missione alla collaborazione con gli altri. Non si smarrì nella tirannia dei capricci, né si lasciò soffocare da protagonismi effimeri incompatibili con il cammino di Gesù. Seppe cercare e aspettare. E, per mantenersi in questa disposizione, sicuramente ricorse, e in modo costante, alla meditazione profonda e continua del Vangelo.

Quali racconti pensiamo che possano averlo ispirato? Perché non considerare, per esempio, quello di un certo Andrea e del suo compagno, quando erano con Giovanni dall’altra parte del Giordano? Senza averlo immaginato, lì iniziarono il discepolato che avrebbe colmato l’attesa più profonda del loro popolo. Una domanda tanto semplice quanto provocatoria del Maestro – “Che cosa cercate?” (Gv 1,38) – fu sufficiente per impegnarli per tutta la vita. E che dire di quella donna, cercatrice per natura, Maria Maddalena, quando una domanda – “Chi cerchi?” (Gv 20,15) – illuminò il suo volto e la sua attesa con la gioia della Pasqua? In entrambi, in Andrea e in Maria, la ricerca e l’attesa furono pienamente soddisfatte nell’incontro con Gesù. L’evento trasformò così profondamente le loro vite che li portò a diventare, tra i loro fratelli e comunità, testimoni della “speranza che non delude”, portatori entusiasti della Buona Notizia del Signore, vincitore sulla morte e sul male.

P. Dehon continua a parlarci con la sua vita di questa stessa Buona Notizia. Per essa si è donato fedelmente e con gioia nel servizio al Regno. Ma a questo punto, sembra opportuno ricordare che, già anziano e a pochi mesi dalla sua morte, il nostro Fondatore si occupava ancora non solo della grande notizia del Vangelo, ma anche di quelle più quotidiane, con l’intento di suscitare interesse e dialogo nella sua comunità sugli avvenimenti della vita contemporanea. Come e a chi annunciare il Vangelo senza conoscere questo mondo e le sue complesse realtà?

Compro giornali per la comunità, mi sembra utile che siamo informati sulla storia contemporanea e che abbiamo qualche argomento di conversazione.

Di certo, non tutte le notizie di allora erano buone. Lo sappiamo. E nemmeno lo sono oggi. Le intenzioni del Papa che abbiamo ricordato in riferimento al Giubileo di cento anni fa restano dolorosamente attuali. E per affrontarle non mancano ai nostri giorni coloro che si erigono a nuovi vitelli d’oro, pronti a guidare l’umanità verso impossibili “paradisi esclusivisti”, verso “terre rare” da sfruttare senza scrupoli o verso il godimento di “rive idilliache”, costruite sulla devastazione e sulla crudeltà. Sono i falsi idoli di sempre. E, come tali, non cercano né attendono. Si limitano a divorare.

Grazie a Dio, non ci mancano modelli di bontà e di compassione che, al contrario, ci mettono in guardia e ci indicano la vera via da seguire. Tra questi, il nostro Venerabile P. Dehon, che oggi ricordiamo con speciale affetto e gratitudine. La sua vita e il suo carisma sono dono di Dio per la Chiesa e per tutti i popoli. Custodiamo con rinnovato ardore e autenticità, a partire dalle nostre case, il suo desiderio per ciascuno di noi, per le nostre comunità e per tutte le persone che in lui trovano un sostegno per la loro vita cristiana e uno stimolo a continuare “cercando e aspettando”:

Dai suoi religiosi, Padre Dehon si aspetta
che siano dei profeti dell’amore
e dei servitori della riconciliazione
degli uomini e del mondo
in Cristo [cf. 2Cor 5,18] (Cst 7).

Fraternamente,

P. Carlos Luis Suárez Codorniú, scj
Superiore generale e suo Consiglio


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