I dehoniani in Mozambico hanno vissuto la sinodalità stando accanto alla gente anche durante la tragedia della guerra. Oggi sinodo significa far crescere una chiesa ministeriale.
Quando i dehoniani sono arrivati in Mozambico nel 1947, si sono stabiliti in Alto Molócuè, zona settentrionale della provincia centrale di Zambézia. Oltre gli 8 battezzati, avevano trovato lì un sacerdote diocesano del regime coloniale portoghese e una congregazione femminile. Tuttavia, il seme del vangelo era già stato gettato nel suolo mozambicano sin dal 1498 all’arrivo di Vasco de Gama insieme ai suoi compagni di viaggio, compresi frati e cappellani che cercavano di raggiungere l’India. Tuttavia, l’obiettivo di Vasco de Gama non era l’evangelizzazione.
Anche se i colonizzatori erano accompagnati dai missionari, questo non era per la salvezza delle anime, ma sì una questione di strategia che agevolasse la realizzazione degli interessi imperialisti. Questo ci fa capire il fatto che stare insieme (qualità momentanea), non significa necessariamente essere insieme (qualità propria). Comunque, quella messa, tenuta sotto un grande albero l’11 marzo del 1498 nell’isola San Giorgio vicino all’isola del Mozambico, secondo gli storici, è considerato come l’avvio dell’evangelizzazione in Mozambico.
Che cosa i dehoniani hanno portato di nuovo rispetto ai missionari che li avevano preceduti? Dopo 75 anni di presenza dehoniana in Mozambico non parliamo ormai della cifra 8 in Alto Molócuè. Questa passa all’archivio storico. Ora parliamo di molto di più, sia in termini numerici o di impatto nell’ambito sociale e religioso a livello nazionale. I dehoniani sono sempre stati conosciuti come amici del popolo. Il loro stile di vita semplice, la loro vicinanza ai poveri, il loro impegno nel lavoro, insomma, la loro gratuità, hanno ispirato un’intera società.
Da quando sono arrivati in Mozambico, la priorità della loro missione non è stata soltanto quella di fare la catechesi e amministrare i sacramenti. I dehoniani hanno scelto di fare la Missio ad Gentes nel suo senso letterale come aveva fatto il nostro fondatore presso i bisognosi del suo tempo. Non basta solo accompagnare la gente che vive la sua storia (stare insieme), bisogna fare della storia della gente la nostra storia (essere insieme). Questo implica non solo essere consapevoli degli avvenimenti e mutazioni correnti, ma soprattutto fare lo sforzo di trovare soluzioni adeguate per ogni situazione.
Il loro apostolato per eccellenza è stato quello della vicinanza al popolo, non solo per condividere la fede del Risorto, ma anche ogni avvenimento della vita quotidiana. In questo modo, la gente tolse dalla testa l’idea di subordinazione compulsiva fissata dal regime coloniale, sostituendola con il senso di appartenenza dove ognuno si sente attore di un percorso comune.
In questo senso, i dehoniani hanno offerto alla chiesa del Mozambico un patrimonio particolarmente sinodale (essere insieme). Uno dei frutti di questo patrimonio è la Chiesa ministeriale.
Il Mozambico ha vissuto dopo l’indipendenza sedici anni di guerra civile. I dehoniani hanno condiviso questa esperienza di dolore e di terrore ma non si sono mai ritirati dallo svolgimento della missione affidata da Gesù. I dehoniani si sono mostrati veri pastori sull’esempio di Cristo. Nonostante i pericoli di guerra, non hanno mai abbandonato il popolo a loro affidato. Nelle comunità cristiane non sono mai mancati i raduni per condividere il pane eucaristico e la gioia del camminare insieme.
Perché i missionari erano pochi e non riuscivano ad assistere tutti i luoghi e comunità cristiane, essi affidavano certi compiti, come la catechesi e l’amministrazione del battesimo, ai ministri straordinari. Questi, erano anche responsabili di portare la santa comunione agli altri. In questo modo, è nata la Chiesa ministeriale, nella quale ogni membro della comunità cristiana si sente partecipe nella missione della Chiesa e non un semplice «consumatore».