05 aprile 2016
05 apr 2016

Guardarsi alzando la testa

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Il Governo Generale in questi giorni si trova nella comunità di Foligno (ITM) per tre giorni di formazione. Dopo un anno dalla nomina, i primi contatti con alcune entità, la proposta di un programma, l’assunzione di maggior responsabilità nelle scelte, si è sentita l’esigenza di alzare la testa dall’immediatezza del quotidiano, non per prendere aria fresca, ma per guardare meglio lontano. Si sono volute queste giornate per educarsi ancora di più al dialogo nella cordialità e nella carità, per accogliere la diversità come ricchezza e integrare i diversi modi di vedere e di sentire.

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La voglia di una risposta

Nella prima giornata si è provato a dare risposta a una domanda semplice, ma allo stesso tempo coinvolgente e ricca di promesse: “Come mi trovo personalmente”. Per uscire dalla mediocrità di vita è importante combattere lo stile indifferente, o quell’allegra mediocrità che può diventare una sorta di regola comune, di “legge universale”.

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La formazione è un’opera da compiere per conservare freschezza, slancio e forza, in modo da costruire una “lettera di Dio” leggibile all’uomo di oggi. Pensare alla nostra realtà, a partire dalla concretezza delle nostre persone, è stato ricco per tutti, e garantiamo a chi legge che è un esercizio efficace. Per noi si è tradotto nella consapevolezza che siamo chiamati a portare avanti un servizio in un cuore umano e in comunione con la comunità.

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La forza della concretezza

Nel raccontarci sono state di più le dimensioni positive rispetto agli aspetti di fatica o di negatività. Vi rendiamo partecipi dei primi, e i secondi non li nascondiamo ma li riserviamo per un prossimo resoconto. In positivo ritrascrivo le formulazioni concise con concetti concreti:

– Tradurre in vita la Parola di Dio e a comunicare ai fratelli le esperienze.

– Passare dalla fede in Dio all’esperienza di Dio-Amore.

– Scendere negli anfratti del nostro passato per accettarsi così come si è.

– Ordinare gli aspetti della propria vita personale e di fraternità nell’armonia della carità.

– Vivere il donare per essere.

– Sentire il servizio legato al traboccare della pienezza di Dio.

– Imparare ad usare gli strumenti della spiritualità di comunione.

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La capacità di raccontarsi

Quello che si ognuno ha detto è molto più ricco di queste schematiche espressioni, ma queste sono già tanto se si riescono a vivere. Si è dato forza a tutto questo negli incontri personali. In quella che abbiamo chiamato “esperienza di Emmaus”, ognuno, in venti minuti, si è detto all’altro. Uno gesto estremamente significativo poiché si è fatto contatto con un momento di formazione, il cui oggetto non è solo la condotta esteriore, ma il complesso mondo interiore: sentimenti, sensazioni, emozioni, motivazioni, passioni, impulsi, istinti, affetti, modi di vibrare dentro o di porsi dinanzi alla vita. Ben oltre, dunque, i livelli dell’imitazione e della sequela di Cristo, pur ponendosi in continuità con essa.

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