Il rinnovamento dehoniano (visto da un giovane sacerdote)
“Quel Capitolo (1966-1967) ha rappresentato, a mio parere, per la vita consacrata, e il nostro Istituto, una nuova primavera. Si è trattato, come hanno detto alcuni dell’avvio di una vera e propria rifondazione."
Questa mia riflessione-testimonianza parte da una breve premessa: io ho compiuto tutto l’itinerario della prima formazione, fino alla consacrazione sacerdotale (1957) negli anni del pre-concilio. Da giovane sacerdote ho potuto così vedere tutta la trasformazione avvenuta nella Chiesa e negli Istituti religiosi con il Vaticano II, definito profeticamente da Papa Giovanni XXIII una grande “nuova Pentecoste”.
Durante le varie fasi della sua celebrazione, ho seguito da vicino, a Roma, i lavori conciliari per conto dell’allora nascente Centro Editoriale Dehoniano. Durante il Capitolo generale del 1967, in cui fu eletto Superiore generale p. Bourgeois, pur non essendo capitolare, ero incaricato del servizio giornalistico, assieme a P. Ledure, e inviavo per posta dei servizi ciclostilati con ritmo bisettimanale, a varie comunità della Congregazione.
Quel Capitolo ha rappresentato, a mio parere, per la vita consacrata, e il nostro Istituto, una nuova primavera. irrorata dalla rugiada dello Spirito, da cui sono fiorite le “cose nuove”, suscitate dal suo soffio vivificatore. Si è trattato, come hanno detto alcuni dell’avvio di una vera e propria rifondazione.
Nel discorso di chiusura, p. Bourgeois ha sintetizzato le “linee di forza” e i “grandi cardini” maturati durante il discernimento capitolare nei seguenti tre punti, destinati poi ad essere la piattaforma di tutto il cammino postcapitolare e del cosiddetto “rinnovamento adeguato” richiesto dal decreto “Perfectae caritatis” e dal successivo Motu Proprio “Ecclesiae Sanctae”, a cui sono stati invitati a mettere mano tutti gli istituti religiosi:
Rapporto tra consacrazione e missione
“Ci siamo resi conto – ha affermato il Padre – che non si potevano separare i due aspetti. Sia che si trattasse della stessa vita religiosa, sia degli atteggiamenti specifici dell’oblazione riparatrice che la caratterizzano nel nostro Istituto, in ogni caso abbiamo riconosciuto e tentato di comprendere e di mettere in rilievo questo rapporto vitale… Non esistono due amori, ma è dall’intimo del nostro stesso amore per il Signore e della consacrazione che esso implica, che si definisce la nostra missione, allo stesso modo in cui l’amore per il prossimo non si definisce che mediante l’amore verso Dio”.
Nello stesso tempo “sono stati ripresi in questa prospettiva dell’oblazione: la vita di unione, la disponibilità-abbandono e il carattere riparatore di questi atteggiamenti riconosciuti come… la risultanza e l’ispirazione della nostra missione ecclesiale. Come l’oggetto stesso della testimonianza che nell’azione apostolica l’Istituto deve apportare nella Chiesa”.
Vita comunitaria e governo dell’Istituto
“Al di là delle norme giuridiche indispensabili è stato messo in luce il carattere propriamente evangelico della comunità ecclesiale in generale e della comunità religiosa”. I tratti di questa comunità evangelica sono “l’unità e la comunione nell’amore, il legame è Cristo e il posto di ogni membro è definito non tanto in funzione della gerarchia sociale quanto in funzione dl suo rapporto diretto e personale con il Signore che riunisce. Abbiamo visto come ciò poteva e doveva caratterizzare le nostre relazioni comunitarie, la struttura stessa della nostra comunità, la divisione delle responsabilità, l’esercizio dei diritti comuni, le modalità e lo spirito del “governo” o per meglio dire, dell’organizzazione della vita comunitaria”.
Il rinnovamento della nostra forma di vita e di organizzazione comunitaria e una concezione più evangelica dei rapporti umani, della natura e funzione dell’autorità.
una rinnovata presa di coscienza delle esigenze di alcuni dei nostri obiettivi apostolici e soprattutto dell’ispirazione che deve orientare tutta la nostra attività.
Il lavoro post-capitolare
Attorno a questi tre cardini si è mosso e sviluppato tutto l lavoro post-capitolare degli anni successivi – quelli dell’aggiornamento, – che troviamo ora espresso in quel “tesoro” che è la nostra Regola di vita che unisce insieme le Costituzioni rinnovate e il Direttorio generale.
L’accento è posto non tanto sul termine “Costituzioni” ma appunto su “Regola di vita” per indicare che la nostra vita è essenzialmente, non tanto un insieme di norme da osservare, ma un cammino alla sequela di Cristo, come testimoni del primato del Regno di Dio, uniti a Cristo nel suo amore e nella sua oblazione al Padre, partecipi della missione della Chiesa e chiamati a professare le beatitudini, attenti agli appelli del mondo.
All’interno di questa prospettiva si colloca la nostra chiamata a vivere in comunità che deve essere una “comunità di vita, vissuta nella “fedeltà alla preghiera”, e alla “frazione del pane”.
Interessante è anche la nuova spiegazione di ciò che intendiamo per riparazione: viene superata la vecchia concezione mistico-intimistica: il n. 23 della Regola di vita la definisce “come accoglienza dello Spirito, come una risposta all’amore di Cristo per noi, come comunione al suo amore per il Padre e una cooperazione alla sua opera di redenzione all’interno del mondo”.
Altrettanto significativo è il rinnovamento e cambiamento della nostra preghiera quotidiana che deve attingere la sua ispirazione nello spirito della Congregazione, in particolare attraverso l’Atto di oblazione e l’adorazione eucaristica; si conforma a quella della Chiesa, con l’adozione della Liturgia delle Ore e dovrà “adattare i suoi contenuti alla cultura e ai bisogni del nostro tempo, tenendo conto degli orientamenti della Chiesa”.
Di grande importanza sono anche gli orientamenti riguardanti la vita fraterna in comunità: scompare il binomio “superiore–sudditi” a favore della fraternità e corresponsabilità, in vista della comune missione.
Il servizio dell’autorità deve essere inteso non come l’esercizio di un potere, ma come un “vero ministero” di carattere evangelico che trova il suo modello in Gesù buon Pastore.
Per quanto riguarda la formazione, si sottolinea l’importanza di creare una comunione di vita, in un clima di lavoro e di servizio apostolico, in cui ogni religioso si senta interessato per il compito della formazione. In questo ambiente favorevole, il candidato troverà un aiuto per la crescita umana e spirituale della sua vocazione.
Nell’amministrazione dei beni, è detto con grande chiarezza, che “come religiosi la norma ultima e a regola suprema nell’amministrazione dei beni temporali, come di tutta la nostra vita, deve essere il Vangelo”.
La Regola di vita, frutto del rinnovamento chiesto dal Concilio, è il risultato del lavoro di parecchi anni di ricerche e di dialogo prima nelle Province, poi durante diversi Capitoli generali. Rappresenta per noi, come è scritto nella presentazione dell’edizione tipica del 1986, l’”Oggi di Dio”, ci dice come far fruttificare il nostro carisma secondo le esigenze della Chiesa e del mondo. Per ciascuno è il libro che, a partire dal Vangelo, ci richiama l’essenziale, se vogliamo vivere fedelmente la nostra consacrazione religiosa”.
Brevi elementi biografici: Antonio Dall’Osto
Membro della Provincia ITS. Collaborò durante i lavori del XV Capitolo Generale (1966-1967). Attualmente risiede nella comunità di Bologna I.