Il secondo giorno dell’incontro dei Maestri dei novizi e dei postulanti è stata caratterizzato dalla presenza di don Giuseppe Roggia, salesiano. Ha presentato le sfide attuali della formazione nel postulato e nel noviziato. Con una visione chiara sui cambiamenti postconciliari e sulle sfide del domani. Il rischio, nella formazione è di fare un complesso lavoro di puro maquillage, senza affrontare i veri problemi. In tal modo si raccolgono molte illusioni.
Abbiamo tanti centri di formazione sempre più specializzata ma i risultati sono deboli, anche per la prevalenza di soggettivismi competitivi e del “fai da te”. Ci rendiamo conto che a volte la formazione di base offerta ai candidati assomiglia all’autolavaggio, che tocca solo l’esterno senza arrivare al cuore.
La formazione implica prima di tutto un impegno personale dei formatori è un fatto di coscienza, di vita spirituale, un “lavoro su se stessi”, oltre ad essere un’autentica esperienza dello Spirito, per sviluppare la vita profonda, mantenendo il baricentro interiore.
Abbiamo qua e là spezzoni di una nuova identità consacrata e questo indica a sufficienza che lo Spirito è al lavoro ma manca una figura completa ed un modello che sia comunicabile. La Vita Consacrata deve riaprire i cantieri del rinnovamento incompiuto, ricercando autentiche novità di vita, quelle dei segni dei tempi, e rispondere alla domanda fondamentale: come coniugare insieme ispirazione originaria ed attese della Chiesa e dell’umanità oggi.
Al di là di tutte le cose positive come le apparecchiature delle Ratio, i corsi dei formatori con Baccalaureati e Licenze, non si sono risolti i problemi della formazione, anzi! Basta dare un’occhiata al numero degli abbandoni, che non tendono affatto a diminuire, sembrano al contrario aumentare, per rendersene conto. Per di più la prima formazione è diventata una specie di tiro alla fune tra le aspettative dei giovani e quelle dei formatori e superiori. Il processo formativo è ricco di insidie e difficoltà, si richiede autenticità e capacità di osare.