Anche la seconda giornata dell’incontro dei Superiori Maggiori è iniziata con la celebrazione dell’Eucaristia, che oggi è stata presieduta da P. Levi Ferreira, Consigliere Generale, e ha avuto come concelebranti principali P. Jan Etel della Bielorussia e P. Alessandro Capoferri del Mozambico.
P. Levi, in aula, ha anche presentato una riflessione sul valore della gratitudine e ha guidato i lavori di tutta la giornata: “Egli andò oltre i loro interessi”. Con questo motto i superiori delle Entità hanno iniziato a riflettere sull’internazionalità, sotto due aspetti: persone e strutture.
Il Superiore Generale ha introdotto la riflessione su questo importante tema, sottolineando che le opere evolvono, la Congregazione si evolve, si espande in diverse regioni e diminuisce in altre, avanza attraverso il contributo e la disponibilità delle persone. La missione della Congregazione è legata alle strutture, il cui scopo ultimo è quello di servire il popolo di Dio. Quando le persone sono al servizio delle strutture, i confratelli vengono sacrificati e la Congregazione non compie la sua missione. Le strutture sono giustificate solo quando hanno una fisionomia carismatica. Riflettere sulle strutture significa anche mettere in discussione il funzionamento dei nostri modelli di governo, di amministrazione e di coordinamento della missione della Congregazione.
Nell’abbondante riflessione sviluppata durante il giorno, spiccano alcuni elementi:
– Sin dall’inizio la Congregazione ebbe una dimensione internazionale. Negli ultimi anni questo carattere internazionale ha acquisito maggiore profondità ed estensione, grazie alla spinta a creare missioni internazionali in varie parti del mondo. In effetti, la questione dell’internazionalità è principalmente a livello di missione.
– Vivere con persone di un’altra cultura non è sufficiente per creare una comunità missionaria internazionale. La somma delle culture non fa internazionalità. Un criterio importante per l’internazionalità è questo: le persone devono voler abbracciare il progetto missionario, devono conoscere il progetto, devono prepararsi per la missione.
– L’internazionalità è un percorso che deve essere seguito da coloro che sono chiamati ad abbracciare un progetto internazionale. Ciò richiede di coltivare la capacità di condividere la propria cultura e di accogliere la cultura degli altri. Questo processo ha bisogno di tempo e di pazienza.
– L’internazionalità vuole essere un atteggiamento di vita che si esprime in tutto ciò che viene fatto: lavoro, preghiera, vita fraterna, missione, condivisione, armonia con gli altri, dialogo.
– L’internazionalità va coltivata in modo speciale nelle case di formazione. È qui che i giovani religiosi possono fare un esercizio di apprendimento concreto, vivendo in comunità internazionali, i cui frutti si vedranno quando si inseriranno in comunità internazionali orientate alla missione. Lo scambio di scolastici va valorizzato. In questo senso si è parlato anche della équipe di formazione che deve avere caratteristiche internazionali e che gli stessi formatori dovrebbero svolgere un ruolo molto importante nella formazione per l’internazionalità. Gli scolasticati internazionali dovrebbero essere composti da studenti e formatori di diversa provenienza.
– I progetti internazionali hanno bisogno di essere chiaramente definiti in modo che le persone sappiano cosa faranno e su quali strumenti possono contare per compiere la loro missione.
– La motivazione fondamentale per l’internazionalità è questa: tutti i membri della comunità sono stati chiamati da Cristo e quindi tutti sono anche chiamati a vivere il dono della vocazione in una comunità internazionale, sapendo valorizzare, in se stessi e in ogni confratello, questo elemento essenziale di consacrazione.
– È importante creare e promuovere la mentalità internazionale nelle Entità della Congregazione, preparando tutti i confratelli a poter accogliere coloro che provengono da altre Entità. Cioè: l’internazionalità non dovrebbe essere una caratteristica solo di alcuni, ma di tutti i membri della Congregazione. A questo proposito è stato ricordato che quando una persona fa la sua consacrazione non appartiene a una Entità specifica, ma alla Congregazione.
– L’internazionalità non cambia il carattere di una persona, ma rende capace di mettere il proprio modo di essere e le proprie capacità al servizio della causa comune. L’internazionalità richiede uno sforzo di interazione e di crescita.
È stato sottolineato anche che sarebbe importante preparare studi e riflessioni sull’internazionalità a livello di antropologia, ecclesiologia e missiologia, chiedendo la collaborazione di confratelli esperti in queste discipline.
Anche i laici possono collaborare a determinati progetti internazionali e a questo devono essere preparati.
Infine, è stata sottolineata l’importanza dell’accompagnamento dei confratelli inviati a comunità internazionali: non basta inviare, bisogna anche accompagnare.
Sono stati segnalati alcuni errori e procedure che non aiutano al successo di una missione internazionale:
– Invio di confratelli che non manifestano le condizioni umane, psicologiche e spirituali minime per abbracciare un progetto internazionale;
– Sovrapposizione di progetti personali a scapito di progetti di Congregazione;
– Essere guidati dalle emergenze e dalle risposte immediate ai bisogni, senza prendere il tempo necessario per riflettere e fare le scelte appropriate;
– La disponibilità delle persone non può essere l’unico criterio per inviare confratelli in una missione internazionale. È necessario valutare se una persona ha condizioni intrinseche per intraprendere un progetto internazionale.
– Invio di persone a progetti internazionali senza un’adeguata preparazione preliminare, a livello personale e a livello di gruppo chiamato a sviluppare un particolare progetto internazionale.
I Superiori delle Entità hanno dedicato del tempo anche a riflettere sull’internazionalità nelle strutture e nelle forme di governo. É stato valutato come molto positivo il modo in cui le Entità di Africa si sono organizzate creando la Conferenza dei Superiori di Africa (COSENAF) con il proprio statuto. Anche in America Latina ci sono varie esperienze di collaborazione e lavoro congiunto a livello di Entità. Gli Stati Uniti e il Canada hanno molti modi di camminare insieme. In Europa i superiori delle Entità hanno sviluppato diverse iniziative comuni ma allo stesso tempo si rendono conto della difficoltà di andare oltre a causa della storia e della diversità culturale delle Entità. Anche in Asia vengono intrapresi importanti passi verso la collaborazione internazionale. Si è sottolineato che tutto questo non impedisce la collaborazione diretta tra le Entità.
Il dibattito sulla fusione delle province, la confederazione di Entità, la trasformazione delle province in regioni era sul tavolo, con diversi argomenti, senza però giungere a qualche conclusione.
Si è parlato anche dei distretti dipendenti dal Superiore Generale, degli aspetti positivi e meno positivi che comporta tale dipendenza, nonché delle nuove fondazioni e di come saranno strutturati a livello di governo.
In tutto questo si capisce che bisogna andare “oltre i loro interessi”.
La giornata si è conclusa con le informazioni sul processo di revisione e armonizzazione delle traduzioni della Regola di vita, richiesto dall’ultimo Capitolo generale, e la presentazione del cammino di strutturazione della Famiglia Dehoniana, da parte del presidente del Gruppo di Coordinamento Internazionale della Famiglia Dehoniana, p. Bruno Pilati.