13 novembre 2020
13 nov 2020

Intraprendenza

di  Gonzalo Arnáiz Álvarez, scj

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Gesù vuole concentrarsi sul tempo finale, quando il Signore viene a regolare i conti. E l’orizzonte di quel giudizio sarà quello di verificare i valori e la realtà del Regno di Dio che che noi abbiamo annunciato e costruito.

È chiaro che il nostro compito nella vita umana è quello di costruire questo mondo. Gesù verrà a verificare come abbiamo fatto. Non tanto quello che abbiamo fatto, che sarà molto buono o meno buono, ma soprattutto quali valori abbiamo ispirato e coltivato nella costruzione di questa civiltà.

Perciò chiedo: qual è il talento o la perla preziosa che Dio ha dato a ciascuno di noi, credenti in Gesù Cristo? La perla di grande prezzo che tutti noi abbiamo ricevuto è Gesù Cristo stesso; una perla suggellata dal dono dello Spirito nel nostro battesimo e nella confermazione.

Il nostro compito nella vita è quello di essere “altri Cristi”; essere come Gesù.

E Gesù fu uno che correva dei rischi. Già all’età di 12 anni cominciò a prendere le distanze, chiarendo chi era “suo Padre”. E durante la sua vita pubblica, ha sempre optato per il Padre e per i prediletti del Padre che sono gli “emarginati”. E non perché siano “buoni”, ma perché sono “emarginati” e rifiutati da coloro che si credono buoni e pretendono di difendere la legge di Dio.

Gesù si lascia accompagnare da pubblicani, peccatori pubblici, prostitute e persone di cattiva reputazione. Quelli che sceglie come apostoli non sono il meglio del meglio. Sono uomini e donne normali che hanno il cuore aperto per ricevere la novità del Regno di Dio. Un regno dove “il Signore” diventa servo e si fa servo di tutti. Dove i poveri, i miti, i puri di cuore e i costruttori di pace sono proclamati beati. Dove nessuno è più grande degli altri e dove i doni di ciascuno sono messi a beneficio di tutti. Nessuno è escluso. I lebbrosi hanno la loro dignità e possono essere toccati e accarezzati. I malati devono essere curati e guariti nello stile del Buon Samaritano. I demoni-posseduti sono liberati dalla loro schiavitù e anche i morti vengono resuscitati.  Gesù vive questi valori al massimo e questo è il senso della sua vita e gli costa la vita. Il suo messaggio “cambia”, “ribalta” quel mondo che era stato costruito dalla tenacia e dal progresso di molti, ma che era stato costruito soprattutto sulla sofferenza e sull’abuso di alcuni su altri.

Questi sono i talenti di cui saremo responsabili.

In questa parabola San Matteo ci invita al compito dell’evangelizzazione e della testimonianza nella nostra vita di credenti. Chi ha amore e vita potrà dare amore e vita più che mai, e questo “dare” si traduce in crescita personale. Chi dà la sua vita la riceve. Chi non ha amore ed è un avaro, pigro o negligente, perderà ciò che apparentemente ha. Se la vita non è data nell’amore, la vita è irrimediabilmente perduta. Chi lo fa si esclude dalla comunione e sarà circondato dalle tenebre e dalle ombre della morte.

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