I riferimenti all’uscita dall’Egitto mostrano che un periodo nella storia della salvezza si è concluso: la vicenda dell’esodo ha avuto i suoi effetti e il popolo si trova ormai nella terra promessa. Ma, al tempo stesso, fanno comprendere che lo stesso Dio è ancora presente e operante accanto al suo popolo, dal quale si aspetta una fedeltà non minore di quella richiesta alla generazione precedente. L’esperienza di quanti li avevano preceduti doveva costituire, per loro, un ammaestramento affinché non commettessero anch’essi quegli errori che avevano provocato la rovina dei due regni israelitici e l’esilio dei loro abitanti in terra straniera. Più che un testo di storia, Giosuè è dunque un libro di «propaganda religiosa», con il quale i narratori deuteronomistici hanno voluto dare una base storica alle loro concezioni religiose.
Ger 3,24: L’infamia ha divorato fin dalla nostra giovinezza il frutto delle fatiche dei nostri padri
Eb 6,6: essi crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all’infamia.
I termini “riconciliare” e “riconciliazione” dominano tutta il testo. Il vero facitore della riconciliazione è il Cristo stesso, in quanto Dio ha agito “mediante Cristo” (v.18), e gli apostoli sono “ambasciatori per Cristo”, ed è “in nome di Cristo” che essi supplicano coloro ai quali sono mandati:”Lasciatevi riconciliare con Dio”. Il senso profondo di tutta la testimonianza apostolica si raccoglie nella supplicante esortazione: “Lasciatevi riconciliare con Dio” (v.20). Tale riconciliazione si compie con l’accoglienza umile e piena della Parola di Dio che opera in ognuno la salvezza, cioè immerge l’umanità nella potenza salvifica della morte e risurrezione del Signore Gesù.
Sir 44,17: Noè fu trovato perfetto e giusto, al tempo dell’ira fu segno di riconciliazione
Rm 5,11: ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.
Da sempre sentiamo in noi la difficoltà a riconoscere Dio come Padre, colui che il salmo dice: «Ci ha formato nel segreto, ci ha tessuto nell’utero di nostra madre». Prima o poi, Dio è sentito come una volontà che urta con la nostra, una presenza che pone davanti a noi un limite. A questa scarsa propensione si aggiunge sovente una cattiva trasmissione dell’immagine paterna di Dio. Ci ama se siamo buoni, altrimenti – si diceva ai miei tempi – ci castiga. Le nostre sostanze, i doni che Dio ci ha fatto, vengono sperperati. L’uomo è la montagna che Dio non può più scalare. Ha voluto un vero figlio che crescendo può accoglierlo o rifiutarlo. Il figlio andato via da casa è la nostra storia di peccato.
Qo 7,11: Buona cosa è la saggezza unita a un patrimonio ed è utile per coloro che vedono il sole.
Lc 15,13: partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto.
Per il confronto personale o in gruppo
– Ti lasci guidare dagli eventi delle storia?
– In che modo ti senti sollecitato alla riconciliazione?
– Dio ci ama mentre siamo cattivi?