Nella nostra società sviluppata che ruolo ha la vita consacrata? Ha ancora senso comunità che si dedicano alla contemplazione?
Mentre il mondo è in fiamme, a causa di “esercitazioni” militari nell’Europa dell’Est e nel Sud della Cina o a causa di incendi provocati da imprudenze o da squilibri psicologici, il papa parla non di una crisi soltanto ma di un insieme di crisi: la sofferenza dei bambini affamati e sfruttati, i popoli rigettati come i Rohingya del Myanmar, il genocidio nel nord del Canada…
Le cause sono molteplici ma si possono trovare delle ragioni di fondo nell’indifferenza, nell’individualismo, nella mancanza di autocritica politica, nel pervasivo dominio della tecnologia e nel potere della finanza sul mercato mondiale.
L’umanità si trova di fronte ad una situazione irreversibile dovuta al cambiamento del clima che produce una siccità mai conosciuta nella storia del pianeta.
Inoltre, molte persone reclamano una libertà assoluta, con la conseguenza che norme e regole acquisite lungo la storia della civilizzazione vengono abbandonate o cambiate a favore di scelte personali e contingenti.
I propri gusti e piaceri stanno diventando i criteri di convivenza a scapito della fedeltà promessa. Gli antropologi stanno studiando tale mutamento, i moralisti non sanno come reagire o non osano farlo, i cristiani gridano verso cielo chiedendosi dov’è Dio.
Ponendomi dal punto di vista della vita religiosa presente nella Chiesa cattolica, mi sembra di trovare delle risposte adeguate ad un simile “stile di vita” per costruire una società armoniosa.
I religiosi, gente inutile…
Ci si interroga sull’utilità della vita consacrata in una società sviluppata come la nostra, e ci si chiede che senso abbiano oggi le comunità dedite alla contemplazione, lontane dal mondo.
I monaci e le monache non intervengono nel campo sociale o politico, si occupano della preghiera e della coltivazione della terra, mentre alcuni(e) di loro si dedicano allo studio approfondito delle Scritture, della liturgia e dell’antropologia. Sembrano gente inutile per la società, perché non si inseriscono nei processi produttivi o di sviluppo tecnologico o finanziario.
Eppure, proprio per la loro intensità di vita spirituale presentano al mondo il senso profetico di uno sviluppo autentico dell’umanità. Questo mondo assai agitato ha bisogno di spazi di silenzio per discernere il presente e il futuro.
Stupisce che tanta “gente del mondo” si presenti con frequenza alle porte dei monasteri ritirandosi dalle proprie attività frenetiche per ricercare riposo, silenzio e serenità dai monaci e dalle monache.
Equilibrio tra azione e spirito
L’armonia di vita, l’attenzione alle persone e l’ambiente in cui vivono offrono una pace che difficilmente si può esprimere in parole. Non tutto dev’essere misurabile con criteri economici per portare alla felicità.
I religiosi che vivono in comunità attive a servizio dei giovani nell’insegnamento, o dei malati negli ospedali, o degli anziani nelle case di cura, così come quelli che si dedicano all’evangelizzazione in un contesto pastorale o nelle missioni, contemperano le attività professionali con la vita in comune e la preghiera.
Grazie al carisma che unisce spiritualità e attività professionale, questi religiosi(e) vivono in mezzo alla gente dedicandosi al rapporto con Dio e al servizio degli uomini. È una vita che apre ad una testimonianza di armonia e di serenità e che diventa pure un cammino profetico verso un futuro armonioso dell’umanità. Non ci si salva calcolando solo le ore di lavoro.
Non nei giornali
I giornali riportano giorno dopo giorno situazioni di guerra, incidenti, disagi relazionali e disastri naturali. Sembra proprio che il male vinca sul bene. È ovvio che il bene non raggiunga la prima pagina dei giornali in una società in crisi.
Uomini e donne che vivono nel silenzio di un’abbazia o in comunità che dirigono ospedali, missioni o collegi, non fanno notizia. Eppure queste persone si dedicano giorno dopo giorno ai giovani, agli adulti o agli anziani, per aiutarli a vivere in pienezza il dono della creazione. Vincono il male con il bene.
Segni profetici
1) Spirito di famiglia
Il segno più eloquente in tempo di rapporti sessuali sempre più liberi e di aumento delle separazioni tra le coppie, è forse proprio il celibato religioso.
Vivendo in comunità con persone non di propria scelta, in dipendenza gli uni dagli altri e in responsabilità comune per il bene di tutti, i religiosi/e offrono al mondo un sistema di convivenza basato sull’amicizia che si nutre di spiritualità e di servizio.
Se c’è un segno di credibilità che le persone possono offrire – nella vita religiosa come nel mondo – è quello di vivere nella fedeltà e nel rispetto gli uni verso gli altri. Al contrario, chi promette di vivere nella fedeltà e non rispetta gli altri, causa sofferenza a tutti. È il caso di chi ha fatto voto di castità ma lo trasgredisce compiendo abusi sessuali su vittime innocenti.
L’obiettivo della vita religiosa attiva è di fortificare le persone e aiutarle a vivere il dono della vita con responsabilità. Grazie alla loro testimonianza, il bene trova la sua strada per rivelare al mondo un cammino verso la felicità.
Il fondamento di questo segno profetico per la Chiesa e per il mondo si trova nella struttura stessa della famiglia. Lì i membri vivono insiemi – i fratelli e le sorelle non si sono scelti – in completo rispetto e godendo dello spirito di famiglia, festeggiando i successi e affrontando insieme i dolori.
Una famiglia sana, così come una comunità religiosa sana, diventano il fondamento di una società sana. San Francesco d’Assisi paragona una comunità sana ad un fiume maestoso, profondo, che scende tranquillo tra le montagne e supera le cascate senza perdere il proprio equilibrio. Quel fiume non fa rumore.
2) Vita comune
I religiosi sono attenti alla situazione delle persone. Dio mostrava la miseria del suo popolo a Mosè, come inizio di un cammino condiviso verso la terra promessa. La comunità religiosa si interroga costantemente sul cammino da proporre alla gente per salire da una situazione di disagio al raggiungimento del bene comune. Come Mosè, si mettono alla guida del popolo camminando nel deserto.
È un compito comunitario, nessun religioso conduce per conto suo un gruppo alla meta – anche se quel gruppo gli fosse stato affidato dalla comunità –; lo fa sempre a nome della comunità. L’obbedienza religiosa crea una dipendenza reciprocamente responsabile.
Spesso vediamo che i politici si esprimono in prima persona su tematiche di attualità e lo fanno o per mettersi in mostra o per provocare gli avversari. Spesso assumono atteggiamenti populisti cercando la simpatia della gente.
La comunità religiosa, invece, guarda comunitariamente alle necessità dei vari settori per cercare insieme le risposte adeguate. Si può dire che nella vita religiosa non esiste un protagonismo pastorale o una pastorale personalizzata. Tutti insieme sono al servizio della società e della Chiesa universale. La forza per realizzare questa visione comunitaria i religiosi/e la trovano nella preghiera, mattina e sera, e nella contemplazione della parola di Dio.
Il senso profetico della vita in comune è che nessuno cerca il proprio bene individuale o il proprio vantaggio, affrontando le problematiche senza contentarsi di soluzioni passeggere o superficiali. Un cieco non solo lo accompagnano guidando il suo cammino, ma gli aprono gli occhi verso la giustizia ; al sordo aprono il cuore verso l’amore al prossimo. La comunità non si nasconde nell’indifferenza, non guarda dall’altra parte come il prete e il levita nella parabola del buon Samaritano, ma si dedica ai diritti dei poveri, dei marginali, delle persone che hanno subìto violenza.
3) Ricchezza del cuore
Mentre il mondo cerca il bene nell’opulenza, nella ricchezza, nel possesso di beni, i religiosi si riempiono di beni spirituali, vivendo in sobrietà. Vivono con un cuore pieno di amore di Dio e del prossimo.
Papa Francesco scrive che, «quanto più il cuore della persona è vuoto, tanto più avrà bisogno di cose da comperare, di possedere e di consumare» (Laudato si’ 204).
Nessuno in comunità (all’infuori di qualche necessità di salute) si prepara il proprio pasto, nessuno prega i salmi scelti personalmente, nessuno maneggia i mezzi finanziari personalmente. Condividendo la vita, il tempo, l’orario, la casa, la missione in collaborazione liberamente scelta – non in una dipendenza sofferta –, si cerca di avere e di usare in comune quanto serve ed è sufficiente per svolgere la missione.
Il salario di chi insegna nell’università va alla cassa comune, la ricreazione e i viaggi sono in funzione del benessere della comunità. Vivendo una vita sobria sotto il voto di povertà, il religioso rinuncia ad ogni gioco di potere, apre lo spirito all’ascolto dei fratelli e delle sorelle piuttosto che imporre la propria opinione. Per vincere il neo-liberalismo che cerca il potere economico, apre la strada del discernimento comunitario alla ricerca del bene comune, non solo per la comunità ma per tutti.
Chi decide di interessarsi alla miseria del mondo non può accontentarsi di tutti i beni raggiungibili, anche nel caso che la giustizia sociale e i diritti dell’uomo lo permettessero. Non sarà il possesso di beni a cambiare il mondo, saranno i sogni; non saranno le ideologie a mutare il corso della storia, saranno le visioni. Sogni e visioni invitano a meditare, a sostare in silenzio, a contemplare il senso del creato per raggiungere lo stesso Creatore.
4) Con lo Spirito
Sostando e riflettendo su quanto leggiamo nei giornali, su quanto sentiamo sulla vita matrimoniale, sull’incertezza dei giovani che conduce ad atti di maltrattamento o di violenza, l’educatore religioso consulta in preghiera quanto lo Spirito del Signore gli suggerisce.
Chi si ferma ad analizzare il rapporto tra le persone, si rende conto dell’assenza di comprensione e di perdono. La storia recente di gravi conflitti tra persone e nazioni ci mostra che la misericordia e il perdono sono due figlie dimenticate a causa del desiderio di autosufficienza.
Proprio l’aspetto più profondo della vita comune aiuta a scoprire che, senza la preghiera, si diventa vuoti. Lo spazio interiore offre il vero senso dell’attività intrapresa, dentro o fuori la comunità.
La difficoltà che si incontra per fare spazio all’altro e perdonare gli errori commessi si può vincere solo in un dialogo cuore a cuore con Chi sempre perdona. È lo Spirito del Signore, il quale prende possesso del cuore nei momenti della preghiera, che ci rende capaci di empatia e di perdono.
Nella preghiera lo Spirito Santo ci insegna a ricercare il bene in ogni persona che incontriamo. Anche se sembra difficile e pure impossibile in una società senza Dio, è lo Spirito Santo che dona la forza dell’amore, del coraggio e l’audacia per andare controcorrente, appunto perché riesce ad ascoltare quanto il cuore e la parola di Dio ci suggeriscono.
5) Calcolo politico o coraggio evangelico?
Ogni partito politico elabora il proprio documento base, esponendo le proprie linee-guida e la visione di fondo per una strategia da attuare. Facendo questo, terrà conto non solo delle capacità dei propri membri e della realtà sociale, studierà pure con cura quanto gli altri partiti si propongono come programma di governo. Si tratta, in ogni caso, di paragonare e di calcolare le forze e di prendere visione dei dati statistici.
La vita religiosa, al contrario, trova le sue basi in un cammino carismatico percorso dai fondatori e realizzato nella storia. Il carisma e la sua applicazione alla situazione attuale – nella società e nella Chiesa – indica il cammino verso il futuro. Non tanto ripetendo quanto fecero i fondatori, bensì lo spirito con il quale lo fecero, la vita religiosa esorta a camminare con il popolo e con la Chiesa.
I vangeli non sono cambiati in duemila anni, anche se tradotti in molte lingue, e rimangono ancora oggi la magna charta della vita religiosa. Qualunque sia la missione concreta di ogni ordine o congregazione, tutti mettono il Cristo al centro e la Bibbia esposta di fronte all’altare. Ogni fondatore e fondatrice cerca di tradurre nella pratica la parola contenuta nella Scrittura.
I religiosi scrivono la propria magna charta come appendice al vangelo di Cristo. Ecco perché la vita religiosa può essere considerata profezia per il futuro dell’umanità e della Chiesa. Sapendo che la prima Chiesa si è sviluppata a partire dalla celebrazione della prima eucaristia, e vedendo che tutt’ora l’eucaristia è il centro e la fonte di ogni comunità religiosa, possiamo dire che la vita religiosa stessa offre gli elementi fondanti e profetici di ogni sviluppo dell’umanità e della Chiesa come ispiratrice e sostegno.
Un mondo nuovo
La ragion d’essere della vita religiosa è l’evangelizzazione, come il compito di ogni organizzazione civile e sociale è quello di portare la società a un livello più alto.
Il mistero della profezia della vita religiosa come modello della costruzione dell’umanità si trova nella sua dedizione totale alla comunità in servizio dei più poveri e di chi si trova in necessità, nella condivisione di una vita sobria vissuta con i fratelli e le sorelle e in un profondo discernimento nello Spirito Santo, per portare il vangelo al mondo e il mondo a Cristo.
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