12 ottobre 2021
12 ott 2021

Le sfide per la vita dehoniana ed ecclesiale oggi

Conferenza di p. Władysław Majkowskis scj durante l’incontro dei Superiori Maggiori di Europa (Cracovia, 12 ottobre 2021)

di  Władysław Majkowskis scj

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Introduzione

All’inizio della sua enciclica Fratelli tutti, Papa Francesco elenca una serie di problemi della nostra società. Questi includono conflitti multidimensionali, nuovi nazionalismi, divisioni, solitudine, ingiustizie, mancanza di rispetto per la dignità umana,  per i diritti umani, migrazioni e molti altri… Recentemente a questi si è aggiunta la pandemia covid-19 indotta dal virus corona con le sue drammatiche conseguenze. La società contemporanea, colpita da queste disfunzioni e carenze, sembra essere impotente di fronte all’enormità di questi problemi.

I problemi della società umana diventano anche una sfida per la Chiesa, che ha stretti legami con la famiglia delle nazioni. Ciò è stato già chiaramente espresso dai Padri del Concilio Vaticano II nella Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaeoGaudium et spes: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti”. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia (GetS, 1).

La Chiesa che compie la sua missione nella temporalità

1.1. Il mondo che cambia

È  ovvio che il mondo attorno a noi, di cui noi stessi facciamo parte, è soggetto a mutamenti di vasta portata. Grazie all’intelligenza umana, al lavoro umano, le condizioni di vita di molte società cambiano, creando solitamente sempre più opportunità per gli individui e offrendo loro uno stile di vita più confortevole. Una parte di questi cambiamenti è anche un cambiamento nella mentalità dell’uomo moderno, nel suo modo di essere, nel suo sistema di valori e aspettative. Questo vale sia per i credenti che per i non credenti, anche se in modo diverso per ciascuna di queste categorie di persone. Mentre i primi hanno a disposizione la luce del Vangelo, i secondi devono scoprire al buio  la volontà dell’Altissimo.

1.2. Discernere i segni dei tempi

Nella Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo – Gaudium et spes, i Padri conciliari hanno espresso la convinzione che “negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio…”, gli uomini riconoscono “qual è il significato ultimo della attività umana nell’universo” (GetS, 11).

I segni dei tempi di oggi

Considerando i cambiamenti che stanno avvenendo, in generale, nel mondo, e più specificamente nelle diverse dimensioni della vita umana, è ovvio che sorgono nuovi problemi, che a loro volta diventano sfide per il mondo della politica, dell’economia, ma anche per la Chiesa, e in essa i suoi vari soggetti: diocesi, ordini religiosi, università, organizzazioni sociali e religiose… L’analisi di questi problemi porta alla conclusione che la situazione attuale nel mondo e i problemi che diventano una sfida per la comunità ecclesiale sono multidimensionali, a differenza delle Questioni sociali dell’Ottocento, sono più difficili da risolvere. I più importanti sono: una nuova forma di povertà delle masse – il precariato; migrazioni, protezione ambientale, ideologia di gender e pandemia.

2.1. Una nuova forma di povertà: il precariato

La parola “precariato” è un neologismo composto da due parole: “precario”, dal latino precarius, insicuro, temporaneo e “proletariato” – parola derivata dalla terminologia marxista che indica la classe operaia. La parola è diventata famosa grazie a Guy Standing, che ha pubblicato nel 2011 un’opera intitolata Il precariato. La nuova classe pericolosa. Il neologismo così creato unisce due esperienze negative: l’incertezza e l’alienazione.

Il primo tipo di esperienza riguarda il fatto che il precariato si rende conto che come classe sociale non avrà un ruolo importante in futuro, perché quello che fa ha poco valore. La realtà vissuta in questo modo include la possibilità di essere “messa fuori”, il che intensifica ulteriormente la sensazione di incertezza. Nella seconda esperienza si vive una mancanza di identità professionale, che poi fa nascere un sentimento di alienazione; il precario è spesso più un nomade che un colono.

Prendendo come base per la divisione cinque tipi di diritti che possono essere goduti da diverse categorie di persone, Guy Standing ha distinto sei classi nella società moderna. La tabella seguente li presenta graficamente.

  Diritti delle classi sociali
Classe Personali Politici Culturali Sociali Economici
Plutocrazia +++ +++ + O +++
Professionisti ++ ++ + + +++
Salariato +++ +++ +++ +++ ++
Classe operaia ++ ++ ++ ++ +
Precariato + ? + ?
Lumpenproletariat

Raprersentazione: +++ forte;    ++ media;    + debole;   ? dubbiosa;    – assente;    inutile.

 Źródło: G. Standing, Karta Prekariatu, Warszawa 2015, s. 25.

Dalla tabella sopra risulta che il precariato come nuova classe è in quinta posizione, con pochi diritti personali e culturali, diritti politici e sociali discutibili, e un handicap economico. Solo il sottoproletariato sta peggio come classe socialmente isolata.

Il precariato si crea sulla base di specifiche relazioni all’interno del sistema economico. Il primo è il lavoro precario. Di solito prende la forma di contratti “spazzatura”. Questo tipo di lavoro crea un senso di incertezza per il domani e, alla lunga, l’impossibilità di organizzare la propria vita. È anche legato alla mancanza di accesso ai crediti, il che blocca la possibilità di un possibile cambiamento di questa sfortunata situazione. Il precariato funziona in una situazione di disastro socio-economico: una condizione miserabile non consente alle persone di uscire dalla povertà e costituisce addirittura un blocco per una vita migliore in futuro. Consuma ciò che risulta dai rapporti di distribuzione speciali, di solito senza benefici futuri. Non sorprende, quindi, che quattro tipi di risposte precarie derivino da queste esperienze: ansia, alienazione, anomia e rabbia.

     2.2. Migrazioni

Un segno dei nostri tempi sono le migrazioni di un gran numero di persone. Non si tratta di migrazioni all’interno di un paese, di solito dalle regioni agricole alle città, ma di migrazioni internazionali, e migrazioni illegali, cioè movimenti di persone attraverso le frontiere, incompatibili con gli standard amministrativi o legali del paese di origine, transito o destinazione. Attualmente queste sono il risultato di conflitti militari: in Medio Oriente, Nord Africa, Afghanistan o Ucraina e delle relative difficili condizioni di vita, ma ci sono anche migrazioni puramente economiche. Fra i migranti motivati ​​da migliori condizioni di vita la maggior parte sono africani e mediorientali che si recano in Europa, soprattutto in Europa occidentale; nel continente americano, le popolazioni dell’America centrale e meridionale, si sono dirette verso gli Stati Uniti. Solo negli ultimi 10 anni, 2 milioni di persone sono entrate illegalmente nell’Unione Europea. Migliaia di persone disposte a emigrare sono detenute in Turchia. Solo nel 2020, 125.100 persone sono entrate illegalmente in Europa.

Il problema delle migrazioni è un problema complesso e difficile da risolvere. Da un lato, secondo la dottrina sociale cattolica, “fra i diritti inerenti alla persona vi è pure quello di inserirsi nella comunità politica in cui si ritiene di potersi creare un avvenire per sé e per la propria famiglia” (PinT, 57). Tuttavia, non è possibile attuare nella pratica tale principio. Oggigiorno, per vari motivi, il più delle volte economici, ci sono così tante persone disposte ad emigrare in paesi con un tenore di vita più elevato che è impossibile soddisfare queste esigenze. Si stima che almeno 500 milioni di persone siano disposte ad emigrare subito in cerca di una vita più facile. Ciò significa che nessun paese separatamente, o tutti insieme, può accettare un tale numero di nuovi arrivati. In secondo luogo, la migrazione è associata ad altri gravi problemi. Gli immigrati spesso hanno problemi di inculturazione in un nuovo ambiente, a volte non vogliono nemmeno integrarsi o addirittura cercano di imporre il loro stile di vita alla comunità in cui sono venuti. Inoltre, i gruppi di immigrati creano molto spesso enclave criminali, operando al di fuori del controllo delle autorità dello stato in cui si trovano. Questo, a sua volta, provoca un atteggiamento negativo della popolazione nei loro confronti, e ancor più nei confronti dell’immigrazione in quanto tale.

Un altro tema legato all’emigrazione, soprattutto per motivi economici, è il contrabbando organizzato degli emigranti. I gruppi criminali lo fanno con grande profitto, approfittando della già difficile situazione degli emigranti. Il problema è ancora più complicato se dietro il traffico di clandestini c’è un regime statale. In particolare, il problema sono le risorse a disposizione di tale regime. Questa forma di coinvolgimento di uno stato straniero è una forma di guerra ibrida. Gli stessi emigranti diventano merce di scambio, e quindi causa di una nuova forma di conflitto tra Stati. Una situazione del genere si sta verificando attualmente in Bielorussia, dove il regime di Lukashenka porta “immigrati” dall’Iraq per poi “trasferirli” illegalmente attraverso il territorio polacco verso l’Europa occidentale.

Riferendosi a questo problema, Papa Giovanni XXIII osserva nella sua enciclica Pacem in terris: Sarebbe assolutamente consigliabile che – per quanto possibile – le imprese fossero localizzate dove le persone hanno bisogno di lavoro, in modo che non debbano emigrare in cerca di esso. “In tal modo si offrono a molte persone possibilità concrete di crearsi un avvenire migliore senza essere costrette a trapiantarsi dal proprio ambiente in un altro; il che è quasi impossibile che si verifichi senza schianti dolorosi, e senza difficili periodi di riassestamento umano o di integrazione sociale” (PinT, 56).

È ovvio, tuttavia, che il problema dell’emigrazione non sarà eliminato e nemmeno limitato senza la solidarietà internazionale. I paesi sviluppati hanno l’obbligo morale di venire in aiuto dei paesi meno sviluppati. Non si tratta solo di condividere l’eccedenza di beni, il che è ovvio, ma di fornire un’assistenza che va oltre. Ciò è dovuto ai tre principi fondamentali della vita sociale cui fa riferimento la dottrina sociale cattolica: giustizia, solidarietà e amore (PP, 44).

Un altro motivo per la migrazione è la fuga come risultato di un conflitto militare. Sebbene l’Europa sia libera da conflitti militari globali, i conflitti militari continuano a verificarsi nel mondo. I conflitti più visibili sono in Medio Oriente e in Africa, soprattutto in Nord Africa. Non sono senza colpa in questo caso i paesi terzi che hanno i propri interessi. Inoltre, l’interferenza esterna negli affari interni di altri paesi non è un buon modo per risolvere i conflitti interni.

Oggi il fenomeno delle migrazioni è un fenomeno “che impressiona tante persone coinvolte, per i problemi sociali, economici, politici, culturali e religiosi che pone, per le drammatiche sfide che pone alle comunità nazionali e alla comunità internazionale. Possiamo dire che siamo di fronte a un fenomeno epocale…” (CinV, 62).

2.3. L’ecologia ambientale

Il grande problema del mondo di oggi, e quindi della Chiesa, che ne fa parte, almeno nelle dimensioni materiali, economiche e sociali, è il problema ecologico. “La natura, specialmente nella nostra epoca, è talmente integrata nelle dinamiche sociali e culturali da non costituire quasi più una variabile indipendente” (CinV, 51). Sfortunatamente, l’ambiente naturale viene degradato a causa dello sfruttamento distruttivo e irresponsabile delle risorse del nostro pianeta. C’è il grande pericolo che pochi rimarranno per le generazioni future se continuiamo a sfruttare le risorse della terra oggi. Anche nel secolo scorso il Club di Roma ha richiamato l’attenzione su questo nel Rapporto sui limiti dello sviluppo. “Secondo questo parere, al fine di garantire la continua esistenza della vita sulla Terra e la possibilità di soddisfare i bisogni primari di tutte le persone e delle generazioni future, è necessario occuparsi dello sviluppo sostenibile di tutti i settori della vita e dell’attività umana”. “L’idea di sviluppo sostenibile è riassunta nella prima frase del rapporto del Western Cape Education Department del 1987, Il nostro futuro comune: “Al livello attuale della civiltà è possibile, uno sviluppo sostenibile, ossia uno sviluppo in cui i bisogni della generazione presente può essere soddisfatta senza ridurre le possibilità delle generazioni future per la loro soddisfazione”. Questo compito può essere svolto a due condizioni. La prima è di natura tecnica e riguarda il passaggio da fonti energetiche non rinnovabili a fonti rinnovabili. Tuttavia, questo è un cambiamento costoso e probabilmente molti paesi non saranno in grado di farlo o non saranno nemmeno interessati a causa dei costi. Il mancato coinvolgimento di alcuni paesi, soprattutto di grandi dimensioni, in questo processo, farà sì che gli sforzi di altri vengano vanificati, nonostante i costi di trasformazione sostenuti. Solo il consenso e lo sforzo comuni di tutti gli stati porteranno l’effetto desiderato.

La Chiesa ha un grande ruolo da svolgere in questo senso. Il punto è che, come lo era nell’Ottocento la soluzione alla Questione sociale, così oggi la tutela dell’ambiente è più morale che tecnica. Lo ha sottolineato papa Benedetto XVI nella citata enciclica Caritas in veritate: sul tema della tutela dell’ambiente “il problema decisivo è la complessiva tenuta morale della società. Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell’uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia ambientale. È una contraddizione chiedere alle nuove generazioni il rispetto dell’ambiente naturale, quando l’educazione e le leggi non le aiutano a rispettare se stesse. Il libro della natura è uno e indivisibile, sul versante dell’ambiente come sul versante della vita, della sessualità, del matrimonio, della famiglia, delle relazioni sociali, in una parola dello sviluppo umano integrale. I doveri che abbiamo verso l’ambiente si collegano con i doveri che abbiamo verso la persona considerata in se stessa e in relazione con gli altri. Non si possono esigere gli uni e conculcare gli altri. Questa è una grave antinomia della mentalità e della prassi odierna, che avvilisce la persona, sconvolge l’ambiente e danneggia la società” (CinV, 51).

Papa Francesco, nella sua enciclica Laudato si, richiama l’attenzione sul fatto che «le conseguenze più gravi di tutti i crimini contro l’ambiente sono a carico dei più poveri» (LS, 48). La conseguenza di questa ingiustizia «si manifesta nella morte prematura di molti poveri» (LS, 48). Pertanto, «non possiamo non riconoscere oggi che il vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale che deve includere la giustizia nel discorso ambientale per ascoltare sia il grido della terra sia il grido dei poveri» (LS, 49). Lo stesso si esprime ancora più chiaramente nelle parole di Papa Benedetto XVI: “Le modalità con cui l’uomo tratta l’ambiente influiscono sulle modalità con cui tratta se stesso e, viceversa. Ciò richiama la società odierna a rivedere seriamente il suo stile di vita che, in molte parti del mondo, è incline all’edonismo e al consumismo, restando indifferente ai danni che ne derivano. È necessario un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad adottare nuovi stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti” (CinV, 51). Se la soluzione dei problemi ecologici richiede l’impegno di tutti, lo è ancor di più per la comunità ecclesiale. “La Chiesa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico. E facendolo deve difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di se stesso. È necessario che ci sia qualcosa come un’ecologia dell’uomo, intesa in senso giusto” CinV, 51).

2.4. Cambiamenti culturali

2.4.1. Il processo di scristianizzazione

Sebbene il processo di scristianizzazione del mondo occidentale abbia una storia relativamente lunga, poiché risale alla Riforma, ha avuto la sua accelerazione nell’età dell’Illunimismo, ha ora acquisito dinamiche eccezionali. Mentre l’insegnamento di Lutero metteva in discussione alcuni elementi della morale cristiana, rendendo l’uomo impotente contro le condizioni somatiche, le idee dell’Illuminismo vedevano nell’uomo possibilità quasi infinite. Tale visine è inclusa nella definizione stessa di Illuminismo: “L’Illuminismo è una situazione quando un uomo esce dalla sua minore età. Minorità consiste nell’incapacità di un uomo di usare la propria mente, senza una guida eterna. Questa minorità è colpevole quando è causata non dalla mancanza di ragione, ma dalla mancanza del coraggio di usarla senza guida dal di fuori. Sapere aude! Abbiate il coraggio di usare la vostra mente!”[1]. Dotato di tali capacità, l’uomo stava perdendo dall’orizzonte Iddio – il Signore del mondo.

L’attuale scristianizzazione trova espressione nella messa in discussione della morale cristiana, che si riflette nella mancanza di rispetto per la vita umana. Il miglior esempio di ciò è l’accettazione dell’aborto e dell’eutanasia; il secondo sta cambiando il sistema di valori. La sua parte costitutiva è il materialismo pratico, l’incredulità. Collegato a questo è la mancanza di pratica religiosa e l’indifferenza religiosa. Le famiglie caratterizzate da tale stile di vita non offrono un buon ambiente per risvegliare e formare vocazioni sacerdotali e religiose. Questo, a sua volta, non fa che rafforzare lo stato della crisi.

2.4.2. Ideologia di gender. LGBT

Il termine “gender” si riferisce al concetto di ruolo culturalmente e non biologicamente inteso. “Gender” in questa accezione non è sinonimo di sesso biologico, secondo il quale le differenze tra uomini e donne sorgono su basi naturali e biologiche. Secondo l’ideologia del gender, le differenze tra donne e uomini sono conseguenza di una costruzione sociale e culturale. La società, all’interno della sua cultura, impone agli uomini e alle donne i propri ruoli; tuttavia, questi non riflettono le differenze naturali tra i sessi. Di conseguenza, sebbene il sesso sia di per sé biologico, è l’individuo che decide della propria identità di gender. Ciò è ben espresso nelle parole di Simone de Beauvoir: “Nessuno nasce donna, ma lo diventa” (“On ne naît pas femme, on la devient”). L’ideologia del gender ha posto le basi per una nuova filosofia della sessualità secondo la quale non è la natura a determinare il sesso dell’uomo, bensì la società. Da ciò ne consegue che il numero dei sessi supera notevolmente i due sessi biologici.

Papa Benedetto XVI, in un discorso tenuto durante un incontro con cardinali e dipendenti della Curia romana il 21 dicembre 2012, ha indicato il pericolo rappresentato dalla dottrina di gender. In primo luogo, si contesta che la natura dell’uomo sia stabilita prima dalla sua corporeità che dal suo processo di socializzazione. Allo stesso tempo, viene messo in discussione il fatto della dualità della sessualità umana, che è un elemento importante della dottrina cristiana. La Bibbia afferma chiaramente che Dio creò l’uomo come maschio e femmina (Genesi 1:27). Mascolinità e femminilità sono messe in discussione come forme complementari della persona umana risultanti dalla creazione. Tuttavia, poiché non c’è divisione tra maschio e femmina come fatto della creazione, non c’è più nemmeno una famiglia come realtà definita all’inizio dalla creazione. La persona umana così presentata non è una qualche forma di errore, ma una rivoluzione antropologica. Laddove la libertà di agire diventa libertà di fare se stessi, il Creatore viene inevitabilmente negato, e così in definitiva anche l’uomo viene degradato nell’essenza stessa del suo essere, come creatura di Dio, come immagine di Dio. L’ideologia di gender “mira ad abbattere e distruggere l’intera base spirituale e antropologica dell’identificazione di una persona come padre, madre, figlio, figlia, fratello, sorella. Questa distruzione dell’identità umana (umanità!) avviene attraverso la mutua opposizione e separazione degli elementi costitutivi del matrimonio e della famiglia, che sono: l’amore, che è dono irrevocabile delle persone – e la fertilità, come fecondità dell’amore coniugale, diretto dalla sua essenza verso la costruzione della famiglia”.

Questa ideologia trova espressione nell’emergere delle comunità LGBT: lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Organizzati in gruppi, non solo esigono tolleranza nei loro confronti, ma vogliono anche imporre la loro ideologia ad altri gruppi e persino a tutta la società. In tal modo, offendono i sentimenti religiosi degli altri, parodiano le attività liturgiche o interferiscono con i servizi.

L’ideologia del gender è una grande sfida educativa. “Per educare – ha scritto Papa Benedetto XVI – bisogna sapere chi è la persona umana, conoscerne la natura. L’affermarsi di una visione relativistica di tale natura pone seri problemi all’educazione morale, pregiudicandone l’estensione a livello universale” (CinV, 61).

2.5. Pandemia

La pandemia di covid-19 indotta dal virus corona con le sue drammatiche conseguenze si è aggiunta ai mali del mondo moderno precedentemente menzionati. L’illusione di sicurezza che deriva dai progressi tecnologici è crollata di fronte alle sfide della malattia. Questa nuova situazione dovrebbe rendere consapevoli della necessità di riscoprire la fraternità a cui siamo chiamati come creature di Dio. Solo sulla base di tale fraternità l’umanità potrà formare una comunità fondata sui legami tra generazioni, società e persino nazioni (FT 53).

2.5.1. Il virus Corona Covid 19 e il suo impatto sulla vita

Sebbene virus e germi non siano stati completamente neutralizzati dalla medicina odierna, da molto tempo la loro diffusione non si trasformava in una pandemia. Nessuno ricorda per esperienza diretta l’ultima grande piaga e solo i dati storici contengono questi valori. L’influenza spagnola della Prima guerra mondiale si era sviluppata in ambienti militari a partire dall’esercito degli Stati Uniti e poi si era trasferita in Europa. Anche in Europa si sviluppò prima tra i soldati e poi si diffuse tra i civili. La pandemia di influenza spagnola si diffuse velocemente in quasi tutto il mondo. Solo poche comunità statali isolate si salvarono dalla peste grazie a un rigido isolamento.

La pandemia spagnola ha causato un grande tasso di mortalità. Ad esempio, a Boston, negli Stati Uniti, si ammalò il 10% della popolazione, di cui morirono 2/3. Nel solo esercito degli Stati Uniti 24.000 persone morirono per l’influenza spagnola o per complicazioni successive, mentre le perdite in combattimento dell’esercito americano nella prima guerra mondiale ammontavano a 34 mila. Si stima che 1/3 della popolazione mondiale si sia ammalata di spagnola, cioè circa 500 milioni di persone, delle quali morì circa il 10%, cioè 50 milioni. La specificità dell’influenza spagnola era che ne morivano soprattutto i giovani. Secondo i ricercatori di questa pandemia, questo avveniva perché nei giovani la reazione del sistema immunitario era così forte da distruggere i polmoni del paziente.

2.5.2. La specificità del virus corona e della pandemia di COVID 19

La storia della pandemia di Covid-19 ricorda chiaramente la storia dell’influenza spagnola, tranne che mentre la prima veniva trasmessa soprattutto attraverso i militari – si trattava della prima guerra mondiale, la seconda – nell’ambito dei viaggi di lavoro e dei trasferimenti turistici. Considerando l’entità di entrambi gli spostamenti, non sorprende che le infezioni causate dal virus siano dinamiche. Nella stessa direzione ha agito il fattore della possibilità di contaminazione degli altri da parte di chi è stato contagiato e ha subito la malattia in modo asintomatico; ignaro della propria malattia, contagiava gli altri.

La seconda circostanza che accompagna la diffusione della malattia causata dal virus corona è la sottovalutazione della minaccia di questa malattia. È successo quasi ovunque: in Cina nella città di Wuhan, nei paesi dell’Europa occidentale e in America. La portata della minaccia è stata sottovalutata anche dall’Organizzazione mondiale della sanità. È successo, ad esempio in Gran Bretagna, dove per un lungo periodo di tempo non sono state prese misure per limitare i contatti attraverso i quali si trasmetteva il virus.

2.5.3. Effetti economici

La pandemia di Covid-19, causata dal virus corona, si è presto diffusa nei paesi europei, poi negli Stati Uniti e nei paesi di tutti i continenti. In Europa, l’Italia è stata la più colpita dalla pandemia, seguita da Francia, Germania ed Inghilterra, seguite da tutti gli altri Paesi.

L’impatto economico della pandemia è enorme. Ha colpito soprattutto il turismo, l’industria alberghiera, la gastronomia, i trasporti, soprattutto aerei, oltre a molti settori produttivi… L’istruzione ha dovuto passare ad altre forme di insegnamento. La stagnazione in questi settori ha fatto aumentare la disoccupazione: molti stabilimenti sono falliti e altri hanno chiuso. Molte persone si sono trovate indigenti. La necessità di disinfettanti, agenti protettivi, respiratori? è aumentata vertiginosamente… Gli ospedali non erano in grado di ricevere i malati, c’era una carenza di respiratori e personale che è stato decimato dalla malattia… Anche seppellire i morti, a causa del loro numero, era un problema significativo!

L’impatto economico di una pandemia cresce nel contesto di chiusure di stabilimenti,  o tagli di posti di lavoro a causa della riduzione della domanda. Questo, a sua volta, porta all’impoverimento dei dipendenti, le cui risorse economiche, spesso modeste, vengono ulteriormente ridotte. Emerge così un circolo vizioso che porta alla crisi economica. Per salvare le economie, gli stati hanno pompato enormi risorse economiche. Tuttavia, anche questa procedura non ha impedito il calo del prodotto interno e l’aumento del numero dei disoccupati.

L’8% dei polacchi ha dovuto limitare la spesa per hobby. (Info 13/09/20).

2.5.4. Effetti religiosi

Gli effetti della pandemia non potevano non riguardare la vita religiosa, creando gravi minacce in questo ambito. Il punto è che la vita religiosa è la vita sociale per eccellenza. Le restrizioni al culto comunitario, che avviene necessariamente nell’ambito della lotta alla pandemia, colpisce chiaramente il cuore della vita religiosa. Le restrizioni all’assemblea religiosa come parte della restrizione dei contatti colpiscono quindi al cuore la funzione della religione. In primo luogo, gli individui perdono il senso di comunità che nasce dai riti religiosi. Si abbassa il senso dell’importanza dei servizi stessi a vantaggio della pietà individuale. Il carattere del giorno del Signore, che include la partecipazione alla messa domenicale, sta perdendo il suo carattere. Il carattere solenne delle grandi feste si abbassa. È stato il caso, ad esempio, della Pasqua del 2020 in Polonia, alla quale ha potuto partecipare un numero limitato di persone; alcuni elementi della vita religiosa, come la Prima Comunione, venivano posticipati, o si svolgevano in piccoli gruppi. Lo stesso avveniva con i matrimoni a cui poteva partecipare un numero limitato di persone. Infine, le restrizioni alla partecipazione alle cerimonie funebri hanno ridotto la funzione di sostegno ad un individuo nel suo momento difficile, la morte di una persona cara.

2.5.5. L’impatto sociale della pandemia

Una delle tante verità ovvie è che l’uomo è un essere sociale. Non sorprende quindi che fin dai tempi più remoti l’uomo sia stato definito in termini di dimensione sociale. È famosa l’espressione di Aristotele che si riferisce direttamente a questa dimensione della personalità umana: animale sociale. Per il filosofo, questo significava che “l’uomo è nato per convivere con gli altri” e che “è un essere destinato a vivere una vita sociale”.

Qualsiasi limitazione in questo senso porta al turbamento del rapporto tra l’individuo e la società. Il problema è che “se l’idea di società si estinguesse nella mente delle singole persone, se la gente comune smettesse di condividere credenze e tradizioni e condividesse aspirazioni collettive, allora la società morirebbe”[2].

2.5.6. Effetti psicologici

Gli effetti psicologici della pandemia sono evidenti. La loro natura dipende dalla natura stessa della pandemia, nonché dalle circostanze personali dell’individuo. La pandemia di COVID 19, per sua natura, provoca una serie di effetti psicologici negativi per le persone. Il primo è la paura di contrarre il virus. Essa è amplificata dal fatto che un potenziale portatore di virus può vivere accanto a un individuo contagiare senza esserne consapevole. Questa mancanza di sintomi aumenta la paura che l’individuo venga infettato, portando spesso all’autoisolamento. Nella stessa direzione opera il timore che un individuo ignaro del proprio stato di salute possa essere causa di sventura per altri, il più vicino possibile. Inoltre, se un individuo infetto può prevenire con r/lativa facilità la contaminazione da altri sconosciuti seguendo alcune linee guida, difficilmente sarà in grado di farlo in relazione a chi gli è più vicino. Questo fatto è la fonte di un sentimento di impotenza e frustrazione. Ci sono poi gli effetti psicologici negativi che derivano dall’isolamento in quarantena. Ridurre lo spazio vitale può causare claustrofobia, una sensazione di isolamento e frustrazione. L’isolamento all’interno della limitazione dei contatti esterni funziona nella stessa direzione. Il restringimento dello spazio abitativo porta a un restringimento dei contatti personali esterni; anche i membri della famiglia amorevole iniziano a stancarsi l’uno dell’altro a causa del fatto della costante autocondanna. Questo è più spesso il caso delle famiglie urbane con uno spazio abitativo limitato. I dati delle recenti indagini confermano che le ragioni del deterioramento mentale dei polacchi sono le seguenti: il 58% ha paura di contrarre una malattia, il 54% ha paura di peggiorare la propria situazione finanziaria; Il 52% ha paura per la famiglia e i propri cari, il 43% della limitazione dei contatti sociali, il 34% delle sfide legate al lavoro e il 28% dello stress legato all’isolamento.

Limitare i contatti con i coetanei ha un impatto tremendamente negativo sullo sviluppo della personalità di un bambino. I gruppi di pari sono un’agenda molto importante nel processo di socializzazione. A contatto con gruppi di pari, un individuo assimila nuovi valori, impara a cooperare e competere. Inoltre, la mancanza di contatto con i gruppi di coetanei può portare alla dipendenza dal computer, poiché il bambino è alla ricerca di un modo per passare il tempo.

L’isolamento derivante dalla quarantena limita anche le possibilità di praticare sport e quindi riduce la possibilità di sviluppo somatico del bambino.

Le sfide per la Chiesa che i nuovi problemi pongono

 Ogni situazione di crisi genera sfide specifiche per la comunità ecclesiale. La loro natura e importanza è determinata dalla natura e dalla gravità della situazione di crisi. Più profonda è la crisi e più comunità copre, maggiore è la sfida. Inoltre, poiché la Chiesa opera all’interno del quadro temporale, sebbene conduca le persone all’eternità, tutti i mali delle singole comunità e dell’intera umanità sono l’esperienza di tutta la Chiesa. Questo vale sia per le cose materiali che per quelle spirituali.

Ogni situazione di crisi esige dalla Chiesa come insieme dei suoi singoli membri una solidarietà, che scaturisce dal messaggio evangelico di S. Paolo nella lettera ai Romani: «nessuno di noi.. vive per se stesso e nessuno muore per se stesso» (Rm 14,7). E la società paragonata all’organismo umano funziona in modo tale che “se un membro soffre, tutte le altre membra soffrono con lui; se invece  un membro viene glorificato gioiscono con esso tutte le membra” (Cor 12,26-27).

La solidarietà cristiana nasce dalla dottrina che tutti gli uomini hanno lo stesso Creatore, sono uguali nella dignità della persona e tutti sono destinati alla salvezza. La solidarietà è dunque una virtù eminentemente evangelica. Copre anche l’intera dimensione umana, cioè la sfera materiale e spirituale. I deficit vissuti dall’individuo in ciascuna di queste sfere diventano oggetto di amorevole solidarietà. Lo stesso vale per i gruppi sociali e per l’intera comunità. “La solidarietà ci aiuta a vedere l'”altro” – persona, popolo o nazione – non come uno strumento qualsiasi  (…), ma come un nostro simile, un “aiuto” (…), da rendere partecipe al pari di noi, del banchetto della vita, a cui tutti gli uomini sono egualmente  invitati da Dio” (SRS, 39).

La solidarietà cristiana cresce nel contesto dell’amore cristiano. Questo è il comandamento nuovo di cui ha parlato Cristo: “Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate a vicenda: amatevi l’un l’altro come io ho amato voi” (J13, 34). È questa qualità che afferma che un cristiano, un discepolo di Cristo, non è un bronzo che risuona o un cembalo che squilla (1 Cor, 13: 1). Come un cristiano amorevole è capace, in virtù di questa capacità, di “superare se stesso” in atti di amore e di carità, così la solidarietà consente al cristiano di trattare gli altri come prossimo, uguale a se stesso; perché tutti sono stati redenti da Cristo e invitati al “banchetto della vita”.

Un esempio di solidarietà sociale fu la comunità dei primi cristiani. “Tutti quelli che credevano erano insieme e avevano tutto in comune. Vendevano i loro beni e ne distribuivano fra tuti secondo il bisogno di ciascuno” (AA 2: 45-46.)

Sulla base della solidarietà, animata dall’amore cristiano, nasce l’impegno per i bisognosi. Il tempo della pandemia presenta molte opportunità per questo, poiché la malattia limita le persone in molti modi. Alcuni di loro sono facilmente identificabili, come i bisogni materiali, specialmente il cibo; altri sono meno visibili, ma anche dolorosi, come la solitudine e l’isolamento degli anziani.

La specificità del tempo della pandemia sono le limitazioni che vengono introdotte dalle autorità civili nei contatti con gli altri, soprattutto i malati. Un buon esempio è l’impossibilità di un normale contatto con gli infetti, soprattutto i ricoverati. Le loro visite non solo non sono consigliabili, ma vietate. Anche i contatti personali con le persone in quarantena sono limitati. Per soddisfare le esigenze di queste persone, c’è il telefono, l’e-mail o skype. Tuttavia, questo tipo di restrizione non esime da atti di amore e di misericordia.

Conclusione

Risolvere i problemi sociali oggi non è facile. La loro scala, come la scala della migrazione, è attualmente il miglior esempio di ciò. Bisogna però, e questo sembra essere estremamente importante, indagare sulle loro cause. Sono: conflitti bellici in cui altri stati sono direttamente o indirettamente coinvolti, effetti del colonialismo e neocolonialismo, che, più sofisticato del colonialismo classico, mantiene molti stati in povertà. Ne consegue che il problem solving sempre, e in particolare ora, non è tanto una questione tecnica, ma più morale. Lo notava già a proposito della società ottocentesca di Émile Durkheim: “[La questione sociale] non è più una questione di classi, di contrapposizioni fra ricchi e poveri, imprenditori e lavoratori, come se l’unica soluzione fosse sottrare uno per dare all’altro… In altre parole, la questione sociale così inquadrata non è più una questione di denaro o di forze, ma una questione di fattori morali. Non è determinata dallo stato della nostra economia, ma dallo stato della nostra moralità”[3].

I problemi che l’umanità sta vivendo oggi pongono una grande sfida alla Chiesa nel suo insieme e alle sue parti. In tal modo sono anche una sfida per la nostra Congregazione che, per volontà del Padre Fondatore, deve essere sempre pronta a rispondere nel miglior modo possibile. La nostra regola di vita ci ispira a farlo:

– partecipi della grazia redentrice, col servizio dei nostri diversi compiti,

vogliamo essere in comunione con Cristo, presente nella vita del mondo,

e in solidarieta con lui e tutta l’umanita e tutto il mondo,

offrirci al Padre, come un’oblazione vivente, santa e a lui gradita (NRV, 22).

Un elemento importante dei nostri atteggiamenti dovrebbe essere il comando di Cristo di essere testimoni della sua Buona Novella. Perché ciò avvenga, il sacerdote dovrebbe essere uno specialista del sacro. Questo è assolutamente importante in una società dove il sacro non ha più la preminenza che aveva nella comunità sacrale.

 


Bibliogafia

Benedetto XVI, Caritas in veritate, Roma

Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo – Gaudium et spes, Roma 1965.

Durkheim E.,  Le scialisme. Sa définition, ses débuts, ladoctrine Saint-Simonienne, Paris    1928.

Les formes élémantaires de la vie religieuse, Paris 1960.

Francesco, Laudato si, Roma 2015.

Fratelli tutti, Roma 2020.

Giovanni XXIII, Pacem in terris, Roma 1961.

Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, Roma 1987.

Kant E., Co to jest Oświecenie?, Warszawa 1966.

Paolo VI, Populorum progressio, Roma 1967.

Standing G., The Precariat. The New Dangerous Class, New York 2011.

Karta Prekariatu, Warszawa 2015.

 


[1] E. Kant, Co to jest Oświecenie?, Warszawa 1966, p. 164.

[2] E. Durkheim, Les formes élémantaires de la vie religieuse, Paris 1960, p. 495.

[3] E. Durkheim, Le scialisme. Sa définition, ses débuts, ladoctrine Saint-Simonienne, Paris 1928, p. 297.

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