In genere quando si ricorda una data importante si riesce sempre a trovare il modo per dare significato. Il 14 marzo per la Congregazione è segnato da celebrazione che si rincorrono da una parte all’altra dei continenti. Le ventiquattro ore sono caratterizzate da proposte segnate da dehonianità. Presso il collegio internazionale è stato il p. generale a dare il tono dehoniano a questa giornata nella celebrazione eucaristica.
Ha dato risposta all’interrogativo: cosa vuol dire sedere sulla cattedra di Mosè per un dehoniano? Tre le attenzioni sollecitate. Anzitutto il dehoniano si inserisce dentro la realtà di questa storia e lo fa volgendo l’attenzione all’arte e in particolare all’arte moderna. Essa è capace di stupire, qualcuno ne rimane stupefatto, ma non manca chi si trova sgomento o smarrito. È indubbio che gli artisti sono capaci di dire il vivere di oggi e non è normale liquidarli con superficialità.
Un secondo aspetto è vivificante. Il dehoniano svolge il suo compito promuovendo, lascia segni di efficacia senza doversi imporre sull’esempio di Mosè. Certamente è stato una presenza fondamentale per il popolo d’Israele, ma di lui non abbiamo la tomba, dopo la sua morte si perdono le tracce dei figli e della moglie. Non si sono accesi ceri o candele da nessuna parte: “Che eleganza”! infine il dehoniano serve con entusiasmo, sa per che cosa e su chi ha investito la sua vita.