01 settembre 2020
01 set 2020

P. Savino Palermo

P. Savino Palermo
* 01.09.1927
† 31.08.2020

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Padre Savino Palermo è nato il 01 Settembre 1927 e aveva 92 anni. Ha emesso la prima professione il 02 Luglio 1947 ed è stato ordinato sacerdote il 24 Giugno 1956.

Attualmente viveva a Bolognano (Italia). Apparteneva alla Provincia ITM.

Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. (Gv 14,1)


Omelia per la messa esequiale di p. Savino Palermo
(Palazzo San Gervasio, 3 settembre 2020)

“Il Signore e la Congregazione dei Padri Dehoniani mi hanno dato molto:
è giusto che io dia quanto posso dare e so”

(P. Ciro Moschetta, superiore provinciale) – Cari fratelli e sorelle, ci siamo radunati per dare il nostro ultimo saluto a p. Savino Palermo, ma ancor di più per ringraziare il Signore che ha voluto concedere a questo nostro fratello un dono di grazia, chiamandolo alla vita e scegliendolo per sé. Non ringrazieremo mai abbastanza il Signore per i doni della nostra vita e della nostra vocazione.

  1. Savino era il più anziano dei confratelli della nostra Provincia ITM. Come sono belle le storie di vita dei nostri anziani, quando possiamo rileggerle con calma, nella loro verità e nella loro essenzialità, individuando i punti di svolta, le traiettorie seguite, i momenti decisivi, le tappe più faticose, i risultati ottenuti. Senza dubbio queste storie ci appartengono e aiutano a comprendere meglio le nostre origini, incoraggiano le scelte più importanti, infondono speranza, permettono di intuire più profondamente il senso della propria esistenza.
  2. Savino è stato un dono per la sua famiglia, per questa comunità di Palazzo San Gervasio, per la nostra Congregazione, per la Chiesa. Un dono che oggi vogliamo riconsegnare a Dio, pieni di gratitudine perché tutti siamo stati arricchiti dalla sua presenza, dal suo ministero, dal suo insegnamento, dalla sua testimonianza.
  3. Savino è nato a Palazzo San Gervaso 93 anni fa, da Vincenza e Nicola Palermo, i quali, pochi giorni dopo la nascita, lo hanno portato al fonte della parrocchia di San Nicola, perché ricevesse il sacramento del battesimo: era il 4 settembre del 1927.

Cresciuto in questa famiglia cristiana, p. Savino si è lasciato interiormente conquistare dall’esempio del fratello p. Gervasio, entrato nella Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, e ne ha seguito le orme, emettendo la prima professione religiosa il 2 luglio del 1947 e ricevendo l’ordinazione sacerdotale il 24 giugno del 1956. Queste sono alcune date che rappresentano delle pietre miliari nel suo cammino di fede, a cui bisogna aggiungere, per maggiore completezza, quella della partenza – fino quel momento inaspettata, secondo i suoi progetti! – per la missione dehoniana in Zaire, oggi Repubblica democratica del Congo, nel 1991.

A p. Savino non mancava l’entusiasmo. Questo tratto lo contraddistingueva e faceva di lui una persona positiva, aperta, felice nelle sue espressioni. Per ogni cosa esprimeva entusiasmo: esso si accompagnava alla curiosità, per cui amava studiare, indagare, conoscere, sapere. Quanto ha potuto imparare lo ha trasmesso ai suoi alunni, con passione e con una didattica collaudata nel tempo, nell’insegnamento delle Letteratura italiana, delle Lettere greche e latine, delle Lingue moderne, della Storia e della Geografia nelle nostre case di formazione. Certo come confessa san Paolo nella prima lettura, la sapienza della Croce è di gran lunga superiore alla sapienza di questo mondo (cfr 1Cor 3,18-23)!

  1. Savino è stato anche un sacerdote entusiasta, appassionato, coinvolto nell’annuncio evangelico, come lo ricordano coloro che lo hanno avvicinato nel suo ministero sacerdotale all’Università di Rende (Cosenza), a Roma e soprattutto a Kisangani, nella missione zairese, con numerose comunità della foresta equatoriale da visitare. La sua parola edificava la comunità perché faceva unicamente riferimento all’amore del Cuore di Cristo, manifestato sulla croce. P. Savino amava molto predicare, tenere conferenze, incontri formativi per religiosi e laici, insieme ai ritiri spirituali, così come prendere la parola in pubblico, per raccontare qualche sua esperienza vissuta o condividere una sua riflessione. A volte, nei nostri raduni provinciali, bisognava costringerlo a stare nei tempi stabiliti…

Trasferito a Kinshasa si è dedicato maggiormente a studiare e a scrivere sul cammino della Chiesa in Africa e in particolare sui cento anni di evangelizzazione dehoniana in Congo. Molto sensibile e attento all’aspetto culturale, p. Savino lascia due interessanti testi su questo argomento (Africa pontificia e Pour l’amour de mon peuple).

In una lettera dall’Africa scrive: “Il Signore e la Congregazione dei Padri Dehoniani mi hanno dato molto: è giusto che io dia quanto posso dare e so”. Potessimo noi, suoi confratelli, sentire questo debito di riconoscenza e seguirlo in questo proposito.

La vita di p. Savino, che oggi viene presentata come un’offerta viva davanti all’altare, rappresenta per noi un capolavoro della grazia di Dio, nonostante le fragilità personali e le debolezze caratteriali, che senza dubbio sono appartenute a Lui, come ad ogni persona umana. Per esaltare l’opera della grazia di Dio gli stessi evangelisti, nelle pagine del Vangelo, mai idealizzarono la figura degli apostoli. La stessa figura di Pietro, il capo dei Dodici e della comunità cristiana, non è “ripulita” da quelle note di temperamento che realisticamente gli appartenevano e che furono motivo di incomprensione e di resistenza al cammino di sequela proposto da Gesù. Il brano del Vangelo, che abbiamo ascoltato, ce lo presenta mentre grida istintivamente a Gesù: “Signore, allontanati da me, che sono un peccatore”. “Non temere, – gli fu risposto – d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5,1-11). Questo episodio ci fa intuire chiaramente come la grazia del Signore sia il principio attivo e la forza invisibile che giorno dopo giorno trasforma la nostra esistenza. Così è avvenuto anche nella vita dell’apostolo Paolo, di cui abbiamo sentito la voce nella prima lettura. Nella prima Lettera ai Corinzi egli confessa: Per grazia di Dio però sono quello che sonoe la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (1Cor 15,10). Per Dio le nostre fragilità non costituiscono un problema, un impedimento, un ostacolo, anzi sono un motivo per amarci di più e proprio su di esse sviluppa, se gli permettiamo di agire, un percorso di guarigione, di crescita, di santità. Non solo nell’impiego dei nostri talenti e delle nostre abilità (Pietro era un pescatore di professione), quanto nel superamento delle nostre difficoltà (Pietro era consapevole di essere un peccatore) Dio porta a compimento la sua promessa (chiamata).

Le nostre difficoltà sono laboratori di crescita, nei quali noi dovremmo attardarci e abitare stabilmente e pazientemente. Abitualmente, invece, vorremmo fuggire da esse. Ma non sono luoghi dove sostare per lamentarci in continuazione, né per piangerci addosso, disprezzarci o chiedere la compassione degli altri. Il brano del Vangelo ci insegna che neppure dobbiamo nascondere o celare le nostre difficoltà, per paura o vergogna. Pietro grida apertamente: “Allontanati da me che sono peccatore”. Fu un chiaro invito per il Signore. Dalla risposta di Gesù dobbiamo imparare a credere che nella nostra debolezza può abitare Dio e che da lì può nascere la vita nuova, lì si alimenta la nostra speranza, proprio lì si manifesterà la forza di Dio. Così Dio ci educa a far proprio il suo sguardo di compassione e di misericordia sulle persone e sulle situazioni dell’esistenza.

Nella vita dei sacerdoti certamente non mancano le difficoltà, a livello personale e comunitario, ma all’interno del popolo di Dio, vorremmo quotidianamente offrire la testimonianza che con l’aiuto di Dio si riesce ad affrontarle, a superarle, a vincerle. La pazienza e la misericordia, fondate sulla verità e sull’amore, sono in definitiva i rimedi con i quali Dio si prende cura di noi e redime il mondo.

Prima di concludere, voglio manifestare un sentito grazie alla comunità di Bolognano d’Arco (TN), in modo particolare al Superiore, il p. Ilario Verri. In questa comunità, circondato dall’amore e dalle cure dei confratelli, p. Savino ha vissuto gli ultimi anni, nell’offerta di se stesso, nella preghiera, nell’impegno fedele alla sua chiamata alla vita religiosa, in comunione con i fratelli. P. Savino ha sempre saputo ringraziare chi gli si è avvicinato per dargli un aiuto o una parola di conforto. Da parte sua ha sempre contraccambiato infondendo incoraggiamento e positività. Così lo ricordano anche i confratelli e il personale ausiliario della residenza di Bolognano.

Anche a voi parenti e amici di p. Savino, al parroco e agli altri confratelli concelebranti, un grazie per la vostra presenza, il vostro ricordo, la vostra preghiera che si unisce a quella di altri confratelli missionari sparsi nel mondo. In molti hanno voluto inviare un messaggio di cordoglio e assicurare la loro preghiera per p. Savino. Il Signore conceda alla sua Chiesa e alla nostra Congregazione nuove e autentiche vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale, secondo il carisma del nostro fondatore, il p. Dehon.

La testimonianza di p. Savino, che raccogliamo e presentiamo al Signore in questa liturgia di ringraziamento e di lode, spinga quanti lo hanno conosciuto, a portare a tutti la gioia del Vangelo. Quel Vangelo che è promessa di vita vera e in abbondanza per tutti.


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