Riflessione quotidiana sulle letture della liturgia del giorno
In chi poniamo la nostra fiducia?
1a LETTURA. Isaìa, figlio di Amoz è una luce sul travaglio presente di Ezechia.
Dinanzi all’assalto degli eserciti assiri, Ezechia ha uno strano modo di condurre la guerra: invece di un’armatura, si riveste di un sacco; stabilisce il suo quartier generale non su un bastione, alto, sicuro e protetto, da cui dirigere le manovre belliche, ma nella casa dell’Eterno; infine, invece di far appello ai suoi soldati migliori, si rivolge al profeta Isaia!
Non aveva fatto così Joram, re d’Israele, durante l’assedio di Samaria. Anzi, Joram aveva tentato di mettere a morte il profeta Eliseo (2Re 6,31).
Ma, contro l’orgoglio del re d’Assiria, la buona strategia militare rimane quella indicata successivamente dall’apostolo Paolo in 2Corinzi 10,3b-5: «le armi della nostra battaglia non sono carnali, ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze, distruggendo i ragiona- menti e ogni arroganza che si leva contro la conoscenza di Dio».
Ezechia, il cui nome significa «potenza dell’Eterno», sa presso chi trovare soccorso.
I FATTI.
il regno di Giuda è minacciato dall’Assiria che vorrebbe assoggettarlo. A questo scopo, il nemico fa precedere l’azione militare da una lettera, tesa a scalzare la fiducia del popolo in YHWH, ridicolizzando e vanificando il suo potere divino.
Ezechia, piuttosto che lasciarsi divorare da una preoccupante angoscia, va a srotolare la lettera provocatoria davanti al Signore, mettendosi totalmente nelle sue mani con un atto di totale fiducia: il nemico sarà costretto ad allontanarsi prima ancora di attaccare battaglia.
IL MESSAGGIO.
la vera roccaforte di Dio, prima ancora che risiedere in un popolo, sta nel cuore di ogni persona. È il cuore di ogni individuo che il principe del male tenta di assediare e di intimidire, minandone la fiducia in Dio. Il nemico sa di non poter andare molto oltre, finché la persona rimane ancorata a Dio.
Dunque, l’unico arbitro della situazione siamo noi, che dobbiamo decidere in chi riporre la nostra fiducia: in Dio, nel nostro super io, o in qualche altro.
La fiducia in Dio presuppone, a volte, per il discepolo, persino il rinnegamento delle proprie competenze e abbracciare la speranza nella “civiltà della povertà”, che abbraccia una grande moltitudine di gente.
IL VANGELO
offre una serie di indicazioni: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi». La domanda d’obbligo: nel nostro vivere, seguiamo le indicazioni offerte da chi? quali indicazioni? in chi poniamo la nostra fiducia? La legge? La tradizione? O altro?
Al tempo di Gesù, come anche nella cultura antica, i cani non erano molto apprezzati perché ritenuti semi-selvatici e randagi; anzi i cani possono rivoltarsi anche contro coloro che gli danno da mangiare.
Non profanare le cose sante è un invito a usare prudenza e discernimento. Nell’AT le cose sante sono la carne per il sacrificio (Lv 22,14; Es 29,33ss; Nm 18,8-19).
ANDANDO OLTRE I TESTI LITURGICI,
ripropongo la domanda: in chi poniamo la nostra fiducia? La fiducia è la base per qualsiasi sana relazione interpersonale: si tratta di una sensazione di sicurezza e di affidabilità che si sviluppa tra le persone. Senza la fiducia, le relazioni possono diventare instabili e insicure, generando conflitti e frustrazione. Se hai paura di fidarti, non avrai alcun futuro: non c’è nulla che distrugga i rapporti umani quanto la mancanza di fiducia. Attenzione: la mancanza di fiducia può scaturire quando l’altro non è più affidabile… ad esempio: l’altro non è più affidabile perché è un auto-referenziante. At- tenzione inoltre… la mancanza di fiducia può causare tensioni e conflitti all’interno di una relazione.
La fiducia è una scommessa e un dono, ma occorre abbandonare la corazza che, a volte, usiamo per difenderci: togliersi la corazza può metterci a disagio, ma bisogna smettere di essere perennemente sulla difensiva. Qualsiasi condanna verso gli altri è una condanna di se stessi, in quanto ci pone sotto il giudizio di Dio e ci si autoesclude dal perdono. Se il tuo occhio è puro, vale a dire, “se il tuo occhio è…” libero da ogni giudizio verso i fratelli, potrai, con loro, relazionarti in maniera vera davanti a Dio.
Fidarsi degli altri, oltre a essere una sfida, è un bisogno vitale. La fiducia che diamo alle persone care apporta molteplici benefici, come l’aumento della propria serenità: condizione che ci permette di affrontare meglio i problemi.
Tutto questo si riflette sulla nostra vita fraterna, dove c’è molto da lavorare, affinché le co- munità diventino, sempre più, lo spazio in cui i religiosi brillino per il proprio servizio, e la propria “vigilanza” a favore dei propri fratelli. Questo è un attivo esercizio del proprio compito e delle proprie responsabilità. Così la nostra vita consacrata diventa una ricchezza per le chiese e una risorsa per la società, andando oltre le frontiere del sacro, affinché la stessa collettività non venga impoverita. Dietro la nostra vita consacrata c’è un desiderio: speriamo che i riflessi del cielo continuino a splendere sulla terra.
UNA ICONA.
Maria è vissuta all’insegna della fiducia, segnata da una fede forte e corag- giosa. Il suo stabat sotto la croce è stato un momento prezioso della sua ricca e profonda esistenza: rappresenta il suo traguardo sul podio della sofferenza, contemplando, proprio sotto la croce, quel costato aperto attraverso il quale si intravvedere il cuore di un Dio cro- cifisso nello sforzo estremo di offrire vita ad ogni essere vivente. Il sangue e l’acqua, infatti, costituiscono vita per la natura e tutti gli esseri viventi che in essa vi abitano.