Lettera di Natale 2021
Cari confratelli e membri tutti della Famiglia Dehoniana,
Nel nord-ovest del Mozambico, nella provincia di Zambezia, la Famiglia Dehoniana ha una presenza significativa. I religiosi SCJ, la Compagnia Missionaria e i gruppi di laici come la Famiglia del Sacro Cuore collaborano in impegni pastorali, sociali e educativi. Ognuno cerca di vivere e condividere il Vangelo nella sua specificità. Nel corso del tempo, i frutti non sono mancati, ma nemmeno le difficoltà. Una delle più grandi, senza dubbio, è stata la guerra che ha devastato il paese dal 1977 al 1992. Fu un periodo cruento in cui, oltre alle atrocità commesse dalle parti in guerra, furono espropriate le missioni e i beni della Chiesa. Molte attività cessarono e le comunità cristiane, sparse su un vasto territorio, rimasero ancora più isolate e lontane dalla compagnia dei missionari.
Tuttavia, la vitalità di queste comunità non si fermò. Anche se raramente potevano celebrare l’Eucaristia, non si rassegnavano a privarsi di essa. Tanto che i loro responsabili concordarono che in certe date alcuni di loro sarebbero andati nel vicino paese del Malawi per ricevere il Santissimo Sacramento e riportarlo nei loro villaggi, dove tutti potevano adorarlo e condividerlo. Si trattava di un lungo viaggio, più di una settimana, superando innumerevoli pericoli. Il percorso era rischioso. Si camminava di notte. Durante il giorno stavano in alto sugli alberi, riposando e nascondendosi dai gruppi armati. Nel frattempo, altri membri delle comunità curavano le terre coltivate di coloro che erano andati alla ricerca del Pane di Vita. Tutti attenti e disponibili a servire.
Azioni simili non sono diverse da quelle di altre buone persone, molto tempo prima, nella terra di Giuda. Li conosciamo. Erano un gruppo di pastori che pascolavano greggi nella regione e uomini di scienza che venivano da più lontano. Provenienti da percorsi diversi, confluirono a Betlemme. I pastori arrivarono, incoraggiati dall’Angelo del Signore e dal loro stesso desiderio. I saggi, a loro volta, raggiunsero la città di Davide usando le loro conoscenze, la guida di una stella e anche le indicazioni di un funesto sovrano.
Tutti loro, così come i cristiani di Zambezia, correvano dei rischi quando lasciavano i loro spazi e le loro occupazioni quotidiane. Dovevano affrontare l’incertezza della notte, le astuzie di Erode o la violenza scatenata, spesso camuffata in campi disseminati di mine. Tuttavia, poiché sapevano di chi si fidavano, hanno lasciato la loro routine quotidiana. Infatti, quando arrivarono a destinazione, nessuno di loro rimase deluso dallo stupefacente mistero che vedevano. I pastori e i magi incontrarono la semplicità di Maria, l’amore provato di Giuseppe e la tenerezza del bambino appena nato, “Salvatore, Messia Signore” (Lc 2,11). Gli inviati delle comunità, da parte loro, contemplarono il mistero dello stesso Bambino fatto Pane che, senza riserve, si affidava nelle loro mani callose per diventare con loro uno sfollato e un compagno di viaggio.
Testimoni della Buona Novella, questi veri adoratori del Dio vivo e incarnato ci rivelano il dinamismo della vocazione adorante che condividiamo. Come ci ricorda Papa Francesco, “se perdiamo il senso dell’adorazione, perdiamo il senso di marcia della vita cristiana, che è un cammino verso il Signore, non verso di noi” (Omelia dell’Epifania 2020). È proprio lo stesso cammino “che ci rende attenti all’amore e alla fedeltà del Signore nella sua presenza al nostro mondo” (Cst 84). È l’“essere attenti” che libera la vita cristiana dal semplice compito di sentinelle immobili nelle loro torri, capaci solo di osservare il passare del tempo (cfr. Is 21,11-12). Al contrario, il mistero che stiamo celebrando ci motiva a entrare nello stile di Dio, che si immerge intimamente nella storia e nelle sue vicissitudini, per dissipare le tenebre, dare dignità alla vita e riparare tante brecce.
Si tratta dunque di contemplare e accogliere ciò che è accaduto a Betlemme come un dono che ci chiama a collaborare con Gesù, Parola fedele del Padre, a favore di questa umanità che egli ama tanto. Maria l’ha fatto offrendo la sua disponibilità incondizionata. Giuseppe con la sua amorevole solidarietà. I pastori e i saggi con la loro gioiosa proclamazione di ciò che hanno visto. Tutti servitori che non hanno altra ambizione che dare gloria a Dio custodendo la vita contro ogni minaccia ed emarginazione.
Che quanto è successo a Betlemme ci allontani dal vivere distratti e senza la luce della Parola che ha tanto da dirci (cfr. Mt 4,16-17). Abbiamo bisogno di ascoltarla, accoglierla e seguirla, come la famiglia di Nazareth e quei coraggiosi cristiani di Zambezia. Come loro, che la nostra speranza sia gioiosa e in ogni momento radicata in Gesù, Buona Novella per questo mondo, casa di tutti. Lo chiediamo anche per la nostra prossima Conferenza generale. Che la sua Parola ci aiuti a “renderci attenti” come discepoli per adorare Dio e servire come prossimi il suo popolo. Che la celebrazione del Natale, infine, ci insegni a “contempler le miracle quotidien de la charité” (P. Dehon, Le Règne du Cœur de Jésus, giugno 1902).
Vi auguriamo un Buon Natale e un anno pieno di benedizioni.
Fraternamente, in Corde Iesu,
P. Carlos Luis Suarez Codorniú, scj
Superiore generale e suo Consiglio
🇩🇪 “Wächter, wann bricht der Morgen an?”