Di una mattinata di ritiro a volte può rimanere impresso solo il titolo, perché è evocativo, capace di sintetizzare un messaggio o in grado di far vibrare le diverse attenzioni dell’animo. Ma per chi non ha avuto l’opportunità di vivere direttamente l’esperienza è giusto far presente che al Collegio internazionale di Roma si è voluto riflettere sul nostro modo di pensare l’accoglienza. Un passaggio indispensabile per non vivere di luoghi comuni e di quella carità assistenziale che non provoca cambiamenti e neppure attenzioni vere.
Un campo ampio
Il tema dell’immigrazione non si può risolvere con una qualsiasi attenzione occorre calarsi dentro questo mondo, guardarlo in faccia per riconoscerlo come un passaggio importante e impegnativo di questo nostro inizio secolo. Non è un fenomeno di oggi, anche se l’amplificazione mediatica riesce a far credere a tanti che si è di fronte a un’invasione. Certamente le persone in cerca di una dignità sono molte, e dovrebbero essere sempre di più anche quelli che diventano capaci di restituire dignità.
Compito di tutti
La fatica di tanti che fuggono dai loro paesi non dovrebbe essere amplificata da complicazioni lungo i loro viaggi in cerca di fortuna. I fatti però dicono che l’ingegno per creare ostacoli non ha limiti: muri, filo spinato, respingimenti, leggi restrittive, controlli, diffidenza, chiusura dei cuori. Davvero campi sterminati da superare per poter sperare in un futuro più dignitoso. Tutto questo perché non si amplifichi in modo ingeneroso, ha bisogno di informazione corretta. Non ci si può affidare a quanto viene offerto dai mezzi di comunicazione, ma soprattutto occorrono gesti.
E il dehoniano?
A proposito di gesti, la lettera in occasione delle festa del Sacro Cuore dice che: “Senza la frazione del pane sull’altare, da un lato, e, dall’altro, senza il pasto insieme, di riso, manioca, pasta, cutlet e patate, non vi è né vera vita religiosa da dehoniani, né effettiva ospitalità e accoglienza di pellegrini e stranieri. Solo alla tavola comune l’estraneo diventa amico… Sedersi insieme a tavola, mangiare e bere insieme e parlare l’un l’altro a partire dalla vita, crea vicinanza e fiducia”. Ritrovando queste modalità, è possibile mangiare spaghetti alla carbonara alla Hamit.